Il delitto e la pena, liturgia dell’arresto

di Rosario Patanè - liberacittadinanza.it - 08/11/2023
Mai più “spettatori golosi della sofferenza, innocenti a buon mercato“.

Dalla bruttissima storia della condanna definitiva a 8 anni e 10 della Giudice Silvana Saguto, già presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo per corruzione, concussione e abuso d'ufficio nella gestione dei beni confiscati alla mafia ,oltre allo sdegno e all’incredulità se ne possono ricavare emblematicamente dei tratti essenziali della profonda quanto in molta parte inconscia natura della concezione della pena,del“delitto e castigo” nel momento cruciale della loro manifestazione pubblica.

Innanzitutto la difesa estrema del figlio che a tutti i costi impedisce che venga ripresa la madre al momento della traduzione in carcere da pate di molti inviati dei mas media che ne avrebbero voluto fare un scoop, mentre nell’ordinamento penale italiano,sia nella giurisprudenza che in diverse fonti si riconosce ildiritto alla riservatezza della persona sottoposta a una situazione di cattività”.Il codice di procedura penale (art. 114,ç 6) vieta « la pubblicazione dell’immagine di persona privata della libertà personale ripresa mentre la stessa si trova sottoposta all’uso di manette ai polsi ovvero ad altro mezzo di coercizione fisica».Persino la procura generale di Milano per bocca del suol Procuratore generale Bruti Liberati, ha ricordato che la violazione di questa disposizione costituisce illecito disciplinare ma che «non risultano segnalazioni del pubblico ministero e tantomeno iniziative disciplinari a fronte della non infrequente pubblicazione di foto e riprese di arrestati in manette, talora, ma non sempre, con l’ipocrita “copertura “elettronica o fisica che li rendono paradossalmente più evidenti.

Chi non ricorda l’ignobile rappresentazione di Enzo Carra ( cui furono apposte persino le catene ! ) e di Enzo Tortora ?

L’art. 8 del Codice deontologico che all’art.8 disciplina il trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica sancisce che «il giornalista non riprende produce immagini e foto di persone in stato di detenzione senza il consenso dell’interessato( salvi i casi in cui sussistano «rilevanti motivi di interesse pubblico o comprovati fini di giustizia e di polizia».)

C’è ,inoltre,una sentenza del 2005 ( 3 )della Corte europea dei diritti dell’uomo (“Sciacca vs Italia“) ha deliberato che la divulgazione alla stampa della foto di una persona arrestata,non necessaria per lo sviluppo delle indagini,costituisce un’ingerenza non giustificata nel diritto al rispetto della vita privata.

Assai pregnante a tal proposito la riflessione del prof.Giuseppe Losappio ,docente ordinario di diritto penale all’Università “Aldo Moro“di Bari che in un articolo citando il filosofo - sociologo - storico francese Michel Foucault che  studiò lo sviluppo delle prigioni, degli ospedali, delle scuole e di altre grandi organizzazioni sociali e vide nell'archetipo del Panopticon, modello di carcere ideale teorizzato dal filosofo e giurista inglese Jeremy Bentham, il paradigma ella moderna società capitalistica,rileva tra le molteplici chiavi di lettura quella “..più significativa dell’intramontabile fortuna dello splendore dei supplizi(1) che la “presa-diretta” permanente, nella quale siamo immersi, ha radicato e vascolarizzato in ogni angiporto della nostra società, sempre più feroce e gotica..”

Particolarmente impressionante - prosegue il docente - è stato un dettaglio che sembra marginale:le sirene urlanti delle autovetture dei finanzieri in fuga verso il carcere,assolutamente inutili per la sicurezza della “procedura”, assolutamente indispensabili perché l’iconografa dell’arresto fosse esaltata dalla colonna sonora più appropriata e coinvolgente..”Come non essere d’accordo,quante volte,troppe volte ,si è assistito a questo “carosello” demagogico nel corso dell’esito finale di comunissimi reati ?

Scrive ancora Foucault (1) dellastraordinaria curiosità che preme” il pubblico “ intorno al patibolo e alle sofferenze che in spettacolo; vi si decifrano il delitto e la innocenza, il passato e il futuro, il terreno e l’eterno.Con lo splendore del supplizio, la liturgia dell’arresto, ilcanto gregorianodelle sirene, il ciclo è chiuso , l’esecuzione della pena ha prodotto e riproduce la verità del crimine.

O,piuttosto,costituisce l’elemento che attraverso tutto un gioco di rituali e di prove confessa che il crimine ha avuto luogo,assicura la sintesi della realtà dei fatti e della verità dell’informazione: il suppliziato è il colpevole, noi gli spettatori, golosi della sua sofferenza, innocenti a buon mercato..”

Malgrado la disposizione netta del dettato costituzionale circa il dovere che “..le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato ..”( art.27 Cost. ) continua oltre misura la crudeltà dell’esecuzione.

Nessuna ciclicità storico-sociale può reggere e consentire il superamento del diritto dell’inviolabilità della Persona umana,qualunque sia la sua colpa e ancor più nel momento in cui lo Stato si appropria del totale controllo vitale fisico psichico e morale e lo rinchiude in quella “ comunità totale “che,di tutte è la più devastante,oltrechè assolutamente inutile e massimamente deleteria per una Coscienza civile moderna e diffusa di Comunità sodale, il carcere.

Il prof.Losappio, cita anche un altro grande francese, quel Camus -algerino di nascita al tempo dell’occupazione-premio Nobel per la letteratura 1957-gigante del pensiero del ‘900 esponente del grande movimento filosofico letterario e sociopolitico dell’ “Esistenzialismotestimone della profonda crisi vissuta dalla società europea tra le due guerre ,di cui riporta una magnifica massima su l’ineludibile legame ,in relazione alle “colpe “ e alle “pene “,con la democrazia effettiva :

Quando saremo tutti colpevoli, ci sarà la democrazia”

Per Albert Camus l’Esistenza è assurda senza un significato, è irrazionale ed estranea a noi stessi.

La ricerca del legame tra gli uomini che continuamente sfugge è simile allo sforzo immane che Sisifo compie per tornare sempre allo stesso punto,per il quale s’impone una presa di coscienza che la strada maestra dell'uomo che pensa è quella di combattere contro i "modi" con cui l'uomo struttura negativamente il proprio convivere nella mancanza di senso dell'esistere."Non sono filosofo, in realtà, perché- diceva - non so parlare se non di ciò che ho vissuto" .

La filosofia può essere vista come un modo di esplorare il mondo e la vita attraverso la ragione e la riflessione Esplorare le grandi domande della vita e cercare di capire il nostro posto nel mondo.

Fronteggiare la "peste" (anche metafora della Dittature ) eterna lotta contro un mondo ostile e dispotico, gli uomini accomunati da ideali di giustizia e solidarietà se uniti da ideali positivi perseguiti con determinazione e forza, devono sempre rimanere vigili in attesa che «...la peste torni a inviare i suoi ratti” .

..Questo è per l’uomo il bene maggiore, ragionare ogni giorno della virtù ..e far ricerche su me stesso e su gli altri,perchè una vita che non faccia di cotali ricerche non è degna d’esser vissuta..”( Platone:Apologia di Socrate”)

Mai più “spettatori golosi della sofferenza, innocenti a buon mercato“.

 

Rosario Patanè

 

Note

( 1 ) Michel Foucoult : “Sorvegliare e punire. Nascita della prigione 1975)

Le principali idee sono raggruppate nelle quattro parti di cui si compone il lavoro: supplizio, punizione, disciplina e prigione. Per descrivere le differenze tra i due modi di organizzazione sistemici del potere, tra sovranità e disciplina, fa l’esempio delle tecniche per fronteggiare le epidemie della lebbra e della peste. La lebbra si combatte con l’esclusione, una tecnica che rappresenta il sogno politico della sovranità, cioè quello di una comunità pura. La peste, invece, va cartografata per essere contenuta, richiede la creazione di zone nelle città differenziate (ripartizione differenziata), in cui mettere anche i potenziali appestati; in tal senso, si configura con la disciplina e il suo sogno di normalità..

( 3 ) La sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo del 13 settembre 2005 nel caso "Sciacca vs Italia" riguarda la violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, che garantisce il diritto ad un processo equo. La Corte ha stabilito che l'Italia ha violato tale diritto in quanto il giudice di primo grado non aveva motivato adeguatamente la sua decisione di condanna dell'imputato. La Corte ha quindi ordinato all'Italia di pagare all'imputato una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno morale subìto .

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