Oggi si festeggia una ricorrenza fondamentale nella storia d’Italia: il 2 e il 3 giugno 1946, infatti, gli italiani furono chiamati alle urne per scegliere, attraverso un referendum, la nuova forma istituzionale dello Stato, cioè per decidere con il voto se l'Italia doveva continuare ad essere una Monarchia oppure diventare una Repubblica. Nello stesso giorno vennero indette le elezioni per l'Assemblea Costituente, incaricata di elaborare la nuova Carta Costituzionale, in sostituzione del vecchio Statuto Albertino del 1848.
Per la prima volta nella storia italiana si votava a suffragio universale maschile e femminile: infatti era la prima volta che votavano anche le donne, così quel voto si caricava di altre attese e di ben altri significati.
La monarchia sabauda, che regnava sul Paese dall’Unità d’Italia, fu spazzata via da un voto carico di rancore e di disprezzo. Si usciva da una guerra terribile e devastante, dopo un ventennio di dittatura in buona parte favorita proprio dal re Vittorio Emanuele III, che nel 1922 aveva nominato – contro il parere dei suoi stessi ministri - Mussolini a capo del governo. Come conseguenza il Parlamento era stato esautorato e questo aveva reso le istituzioni lontanissime da qualsiasi principio democratico. La rappresentanza politica infatti era stata azzerata e la Camera dei deputati era stata mutata in Camera delle corporazioni, senza il minimo potere di controllo sull’operato del governo (vi ricorda qualcosa?).
La mancanza di libertà, le leggi razziali, il sodalizio con la Germania nazista, una guerra che non eravamo preparati a fronteggiare, bombardamenti feroci, la fame e l’abbandono in cui i Savoia lasciarono il paese per scappare come dei vigliacchi all’indomani dell’Armistizio, sancirono la sconfitta della monarchia nel referendum e la condanna dei Savoia all’esilio.
Al referendum andarono a votare più di 24 milioni di italiani su 28 milioni di aventi diritto: una percentuale altissima: dell’89,1 % e il nostro pensiero non può che correre alla striminzita percentuale di votanti di queste ultime elezioni. Mi si dirà che il contesto è ben diverso e non lo nego certo, quello che voglio dire è che non è solo la cornice storica che è cambiata, ma è proprio il senso dell’andare a votare che non è più lo stesso: gli uomini e le donne che andarono a votare 69 anni fa erano certi che esprimere un voto volesse dire partecipare, sicuri che il proprio apporto avesse un peso e un valore determinanti e che con quel voto avrebbero potuto incidere nella realtà politica del nostro paese. I cittadini di oggi invece non solo non si illudono più di avere un peso e un ruolo, ma disprezzano la classe politica e non se ne fidano ed è per questo che non vanno a votare.
Alle elezioni del 1946 ci furono circa un milione e mezzo di voti nulli, quelli validi furono divisi in questo modo: 10.688.210 i voti alla monarchia e 12.672.076 alla repubblica. C’è una leggenda metropolitana che vuole che ci siano stati dei brogli elettorali in favore della repubblica. Naturalmente sono i monarchici a gridare al broglio: c’è chi non sa perdere e cerca di gettare fango sul vincitore. In questi anni abbiamo visto numerosi esempi di questo tipo di strategia miserabile.
E che i brogli siano solo bugie e fango lo si evince proprio dai risultati elettorali del 1948: se infatti avessero avuto ragione quelli che parlavano di brogli, il partito monarchico nelle elezioni politiche subito successive ( quelle cioè del 18 aprile 1948, come accennavamo) avrebbe avuto milioni di voti, invece si ridusse a un gruppuscolo parlamentare che arrivava a malapena al 2, 78 % alla Camera e solo al 2% al Senato. Questo per dire basta ancora una volta a tutte le balle che si continuano a raccontare.
L'Assemblea Costituente, liberamente eletta in quelle stesse elezioni, iniziò i suoi lavori il 25 giugno 1946 e tre giorni dopo elesse Enrico De Nicola capo provvisorio dello Stato. Il 22 dicembre 1947, dopo 170 sedute e 1090 interventi, l'Assemblea approvò il testo della Costituzione italiana, che entrò in vigore il 1° gennaio 1948.
Un giorno dunque, quel 2 giugno, molto importante, che segnò veramente una svolta decisiva nella storia di questo paese, eppure negli anni che seguirono la festa del 2 giugno - la festa della Repubblica - scadde d’importanza, tanto da essere trasferita e accorpata alla più vicina domenica, fino a che nel 2000 il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi la riportò in auge e con gran fasto, insieme al nostro inno nazionale e di questo dobbiamo essergli grati, veramente molto ma molto grati.
Il rispetto e la difesa estrema della Costituzione lo dobbiamo anche a un altro presidente: Oscar Luigi Scalfaro, che fino all’ultimo giorno non solo del suo mandato, ma anche della sua vita, si battè come un leone contro le aggressioni pesanti e pericolose del cavaliere e della sua coalizione filofascista.
Avremmo bisogno di un altro presidente come lui, che si opponesse questa volta alla politica di Renzi, ancora più pericolosa e disgregante.
Se anche ci fosse, comunque, questa felice circostanza non potrebbe però esimerci dal lottare comunque in prima persona: noi cittadini infatti abbiamo un legato ereditario di grande valore e ora spetta a noi conservarlo integro e salvo per i nostri figli e nipoti: non possiamo e non dobbiamo permettere che venga distrutto come il resto di questo paese, perché dopo non ci sarà più nulla su cui ricostruire, da cui ricominciare.
Buona festa della Repubblica a tutti i cittadini di questo paese, soprattutto a quelli che lo amano nonostante tutto e vorrebbero poterne essere orgogliosi.
Barbara Fois