“Oui, je suis Catherine Deneuve”

di Barbara Fois - Liberacittadinanza - 11/01/2018
Un documento controcorrente, firmato anche dall’attrice francese, sulle molestie sessuali alle donne, fa discutere il mondo femminile

Sul quotidiano francese LeMonde l’8 gennaio scorso è comparsa una lettera-documento firmata da 100 personalità francesi, fra cui anche Catherine Deneuve, in cui si prendevano le distanze dal movimento “#metoo” (me too, cioè anche io) nato fra la gente del Cinema americano dopo il caso Weinstein e che nel nome si riferisce al fenomeno “a valanga” delle denunce di moltissime donne violentate o molestate, che hanno preso coraggio dalle accuse di altre donne e finalmente hanno parlato della propria esperienza, dicendo appunto “anche io”, anche a me è capitato di venire molestata.

Il documento francese ammoniva di stare attenti però a non esagerare e a non far diventare una giusta presa di posizione sulle molestie sessuali, una caccia alle streghe di sapore maccartista. Il pericolo di una deriva verso un "femminismo che prende il volto di un odio per gli uomini e la sessualità", è reale ed è la caratteristica del puritanesimo “quella di prendere a prestito, in nome di un cosiddetto bene generale, gli argomenti della protezione delle donne e della loro emancipazione, per legarli meglio a uno stato di vittime eterne, piccole povere cose sotto l'influenza dei demoni fallici, come nei bei vecchi tempi della stregoneria.”

In effetti, #metoo” ha portato sulla stampa e sui social network “…una campagna di denunce pubbliche e incriminazione di individui che, senza avere la possibilità di rispondere o difendersi, sono stati messi esattamente allo stesso livello dei violentatori seriali”. E ancoraQuesta febbre per inviare "maiali" al macello, lungi dall'aiutare le donne a potenziare se stesse, serve in realtà gli interessi dei nemici della libertà sessuale, degli estremisti religiosi, dei peggiori reazionari …” e infine la frase, il concetto che ha fatto imbestialire più di tutto “Lo stupro è un crimine. Ma le avances insistenti o maldestre non sono un crimine, né la galanteria è un'aggressione machista.”

Insomma: non drammatiziamo: non si può mettere sullo stesso piano chi ti fischia per strada e ti grida dietro  “a fata, ma  n‘do vai?!” con un vigliacco che ti fa violenza stuprandoti in un portone.

Il movimento“#metoo”, nato e cresciuto su internet, ha avuto il suo debutto ufficiale alla festa per la consegna dei Golden Globe, dove tutte le attrici si erano messe d’accordo per vestirsi di nero, in segno di lutto per le donne molestate e violentate.

 

Bar 02 180111 Cin Cin donne

 

Tutto questo movimento ha origine qualche mese fa, quando scoppiò una bufera di accuse da parte di diverse e note attrici nei confronti di Harvey Weinstein - potentissimo produttore americano che ha vinto oltre trecento Oscar - per le molestie subite. Da un giorno all’altro tutto il suo potere si è dissolto come neve al sole e il suo prestigio è finito in fondo a un pozzo nero di disprezzo e di biasimo. Ma, senza entrare nel merito delle denunce, viene da chiedersi: come mai tutta questa valanga di accuse viene fuori proprio oggi, dopo trent’anni di silenzio e impunità? C’è chi dice che sia per una serie di lotte interne alla sua stessa società ed infatti il primo effetto collaterale è stato il licenziamento di Weinstein dal Consiglio di amministrazione della sua società The Weinstein Company.

A questo proposito, intervistata in merito, Natalia Aspesi ha detto che a lei pare «… una vendetta fratricida, per togliere di mezzo Weinstein. Era un produttore potente come pochi e sporcaccione come moltissimi altri. Che la storia, risaputa da decenni, sia venuta fuori con questa virulenza soltanto adesso, accompagnata da decine di testimonianze, non può essere casuale».

Tutto inizia, dicevamo, il 5 ottobre 2017, quando il New York Times mette nero su bianco quello che si vociferava da anni. Il produttore avrebbe molestato decine di donne: dipendenti, attrici, modelle. A scrivere l’articolo è Ronan Farrow, figlio di Mia Farrow e Woody Allen, a suo tempo al centro di uno dei più spinosi contenziosi mai visti fra i suoi genitori. Dunque un personaggio certamente personalmente e psicologicamente predisposto all’attenzione su problematiche di questo tipo, che in merito a questa vicenda scrive «Da più di vent’anni voci di molestie intorno Weinstein circolano nell’ambiente, ma prima di adesso molte persone non erano disposte a parlare». Già… e perché adesso sì?

Come per caso intanto Tom Barrack, il miliardario amico e sostenitore di Trump, mette gli occhi sulla sua società.Dopo il crollo del suo fondatore e le dimissioni quasi unanimi del CdA della società, l’uomo potrebbe aggiudicarsi la Weinstein Company a un prezzo ben inferiore rispetto agli 800 milioni di dollari secondo la valutazione fatta l’anno scorso. Ma guarda che combinazione…

Forse dietro questa vicenda c’è un po’ di più di quanto non si creda. Certamente più di un vecchio porco assatanato che corre dietro a stelline in cerca di una occasione.

Sempre l’Aspesi ha detto «… i produttori, almeno da quando ho memoria di vicende simili, hanno sempre agito così. E le ragazze, sul famoso sofà, si accomodavano consapevoli. Avevano fretta di arrivare. E ancor più fretta di loro avevano le madri legittime che su quel divano, senza scrupoli di sorta, gettavano felici le eredi in cerca di un ruolo, di un qualsiasi ruolo».

Dunque, dicevamo, c’è di più della solita vecchia, squallida storia “ sii carina con me e io ti farò fare carriera.”, ma certo quello che è ignobile è l’abbandono della nave che va a picco, da parte di tanti “amici” che con Weinstein hanno fatto carriera, film e soldi a palate e che oggi prendono le distanze da lui.

Non ci interessa qui stabilire se le attrici sono state molestate o no. Se si tratta di avances, di coercizione, di molestie, di stalking o di stupro. Non ci interessa del perché alcune hanno acconsentito per amore della carriera a cedere, o perchè non hanno denunciato le vicende violenze a suo tempo, e questo perché non ci interessa dare giudizi morali, ma capire invece dove porta tutta questa bufera. Ci interessa perché il pericolo di un ritorno al maccartismo, come dicevamo, è forte e proprio dietro l’angolo. E non è mai foriero di svolte progressiste, per quanto molte donne siano convinte che denunciare qualche isolato predatore, significhi liberare tutte le donne dalla violenza e dalla sudditanza. Al contrario il maccartismo si porta dietro una chiusura bigotta che in realtà ci porterà tutti indietro, ma è - guarda caso - in linea con la mentalità retrograda e ipocrita del cowboy che oggi abita alla Casa Bianca.

In questo clima surriscaldato e pieno di veleni - che non riguarda solo il caso Weistein - che è stato solo l’apripista di una serie infinita di denunce su altri produttori, registi, attori etc. – piomba la lettera-documento delle celebrità francesi ed è lo scandalo. La BBC spiega che la polemica è soprattutto tra due generazioni di femministe: la più anziana "che vede in #MeToo una minaccia alla liberazione sessuale ottenuta negli anni '60" e la più giovane per cui "la lotta contro le molestie sessuali sono l'ultimo passo nella lotta per i diritti delle donne " .

Sarà, ma è anche una questione di potere: le lobbies femminili in america sono potentissime e si stanno muovendo tutte insieme: hanno forse individuato il momento giusto per un cambio di guardia. Non è un caso che a chiudere la serata dei Golden Globe sia stata una determinatissima Oprah Winfrey, la donna più ricca e potente d’America, che ha fatto un discorso definito “presidenziale”, tanto il tono poteva essere degno di una sua candidatura alla Casa Bianca. Fra parentesi, ho letto per intero il suo discorso: bellissimo, umano e degno di un vero grande presidente. Spero che non siano solo illazioni e che lei si candidi davvero. Lei, donna potente ma anche dolorosamente provata nell’infanzia, come la piccola Sophie interpretata nel bellissimo film “Il colore viola” girato insieme a Woopy Goldberg.


Bar 03 180111 Oprah


Ma torniamo alla querelle fra le donne: chi ha torto e chi ragione? Come sempre in medio stat virtus, la ragione sta nel mezzo, ma la cosa importante è rendersi conto che non si può fare di tutte le erbe un fascio: una cosa è la stellina che cede al produttore per far carriera, un’altra è la povera operaia che deve portare il pane a casa e viene molestata sul posto di lavoro e ricattata nel timore di venir licenziata. Le attrici, le intellettuali, le donne in vista, le politiche, invece di polemizzare fra loro dovrebbero rendersi conto di quanto siano privilegiate, anche solo perché possono scegliere, e spendersi piuttosto per dare voce a tutte quelle donne che non hanno questo vantaggio e questa consapevolezza. A quelle che vivono vite miserabili e scannate, umiliate, massacrate, ricattate perché spesso senza lavoro e senza denaro, e troppe volte uccise da uomini bestiali che non le considerano nemmeno persone.

Mi rendo conto che è un argomento troppo doloroso, troppo complesso, controverso, torbido e personale, in cui trovare la misura non è facile, né è semplice compattare tutte le parti su una strategia comune.  Ma le donne sono persone concrete, equilibrate e razionali, sopravvissute a migliaia di anni di angherie ed emarginazioni, penalizzate da religioni malate di misoginia e ho fiducia che si troverà il modo di punire i violenti e gli stupratori e allontanare invece con divertita ironia i maldestri corteggiatori. Ma soprattutto dovremo essere capaci di tutelare e proteggere le nostre sorelle più fragili, o giovani e ricattabili e dunque più esposte alle molestie.

 

Bar 01 180111 Simbolo donne

 

Barbara Fois

1 marzo 2018

1968. cinquant’anni di assenza

Barbara Fois - Liberacittadinanza
6 marzo 2018

Rien ne va plus, les jeux sont faits

Barbara Fois - Liberacittadinanza
23 maggio 2018

Buongiorno tristezza

Barbara Fois - Liberacittadinanza
7 marzo 2018

8 marzo 2018

Barbara Fois - Liberacittadinanza