E’ il 25 aprile. Ogni anno lo festeggiamo, ormai da 67 anni. Ci sono stati anni in cui questa festa è stata un appuntamento vivo, forte, pieno di grinta e di contestazione. Anni in cui ci siamo riuniti col cuore pesante e pieno di amarezza. Ci sono stati anni in cui ritrovarci a questo appuntamento ci dava energia e coraggio. Mi ricordo il 25 aprile del 1993, la forza e la rabbia di quelle manifestazioni, dopo il massacro dell’anno precedente dei giudici Falcone e Borsellino e delle loro scorte.
E poi ci sono stati tanti, troppi 25 aprile in cui il premier di questo Paese nato dalla Resistenza, non partecipava ai festeggiamenti ed è ancora per me incomprensibile perchè non sia stato cacciato via anche solo per questo, senza pensare a tutto il resto.
E adesso questo 25 aprile arriva nel momento più buio, profondo e terribile di una crisi economica, morale e sociale senza precedenti: i giovani senza lavoro e senza prospettive, i licenziati, i cassaintegrati, gli esodati, i negozi che chiudono, i piccoli imprenditori che si suicidano, le tasse che ci schiacciano e dall’altra parte quelli che continuano a festeggiare a spese nostre, dentro a partiti ancora più marci di quelli scoperchiati da Tangentopoli.
Partiti e politici che adesso, sull’onda di continui scandali, tentano di darsi una rassettata, una imbiancata pre elettorale, cercano altri nomi alle loro organizzazioni inquisite e sputtanate, sprecano i nostri soldi, rapinati volpinamente attraverso rimborsi di campagne elettorali costate meno di un decimo, per cercare ancora una volta di imbrogliarci.
E annunciano grandi sorprese per il futuro, come se davvero ci potesse interessare ancora quello che fanno, come non sapessero che l’unica vera sorpresa per noi sarebbe che se ne andassero. Non si rendono conto, nel loro narcisismo delirante, che non serve, che non può bastare che cambino nome per nascondere la mancanza di idee, di progetti, di programmi che li inchioda alla loro mediocre nullità, alla loro stupida e ormai logora ripetitività di bugiarde promesse. Non capiscono che nulla ormai può farci dimenticare quanto siamo tutti stanchi e stomacati fino al vomito di vederli e che se una nuova legge ci consentirà di farlo non li voteremo mai più.
Un pensiero del genere non li sfiora nemmeno, tanto si sentono il sale della terra, tanto credono di essere al di sopra delle leggi, della decenza e perfino del buonsenso.
Sono davvero convinti che resteranno ancora per i prossimi anni, anche se in quelli passati non solo non hanno fatto nulla, ma hanno sfasciato il paese in ogni modo possibile. Un paese che sta sprofondando nel fango, che annega nell’indifferenza di una classe politica egoista, inetta e in gran parte corrotta. Un paese al momento affidato in mano a tecnici che dovrebbero salvarci, ma che non ci pare ne siano capaci: quando la cura è peggiore del male...
Dunque oggi cosa festeggiamo? Dove è finito il paese nato dal sacrificio di sangue dei partigiani, di tante giovani vite spezzate per difendere un principio, un’idea, un sogno? Non lo so, cari amici e compagni. Oggi io non lo so più.
Andrò, in un pellegrinaggio rituale ormai doloroso, al parco delle rimembranze, sosterò con i compagni - ogni anno più vecchi e più stanchi - davanti a quelle tombe, a quei nomi che il tempo piano piano cancella dalla pietra e dalla memoria delle nuove generazioni e mi chiederò ancora una volta che senso ha avuto il loro sacrificio.
Mi chiederò come mai dopo gli assassini di piazza Fontana a Milano, se ne siano andati prosciolti anche quelli di piazza della Loggia a Brescia, lasciando ai parenti delle vittime di pagare le spese processuali. E in entrami i casi che siano le istituzioni a volerle pagare in loro vece non cancella l’enormità di quelle sentenze.
Mi chiederò perchè mentre lo stato italiano paga 20 milioni di rupie alle famiglie dei due pescatori indiani ammazzati da due marò che hanno visto troppi film di Stallone, la Farnesina ignori che ne è stato della giovane Rossella Urru, rapita mentre organizzava un campo profughi.
Mi chiederò perchè i soldi delle mie tasse debbano pagare i resort da 40mila euro giornalieri a politici che, alla faccia del sempre ipocritamente sbandierato messaggio Cristiano, non hanno nemmeno il buongusto – non pretendo la coscienza o l’umanità - di tener presente lo stato di diffusa povertà dei cittadini e quello che si potrebbe fare con quei soldi per risollevare tante famiglie.
Ma non mi chiederò se quei poveri martiri avrebbero scelto di morire, se avessero saputo in che mani sarebbe finita l’Italia. Non me lo chiederò perchè sarebbe, oltre che stupido, ingiusto per quei poveri morti e troppo umiliante per noi.
Non me lo chiederò, ma sarà ancora più amaro cantare, ancora una volta “Una mattina mi son svegliato, o bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao...”