Guerra!!!!

di Barbara Fois - Liberacittadinanza - 16/11/2015
Dopo il massacro di Parigi da parte dell’Isis, ora il mondo occidentale dichiara guerra ai terroristi. Ma siamo certi che la guerra sia la soluzione giusta?

Non c’è dubbio che - seguendo sui canali TV le immagini terribili del massacro insensato e crudele dell’Isis a Parigi - la prima reazione sia quella rabbiosa e addolorata di chi vuole vendetta, sangue e guerra. Occhio per occhio, dente per dente e anzi possibilmente tutt’ e due gli occhi e tutti e 32 i denti. Ma forse conviene ragionarci un attimo sopra, anche se i governanti gridano alla guerra e si preparano a sanguinosi scontri. Ma quando mai una guerra è servita a vincere il terrorismo? Anzi: è proprio il modo migliore per rafforzarlo!  E però in questo momento che dovrebbe essere scevro da calcoli politici di bottega, dobbiamo invece constatare purtroppo che questi prevalgono e vediamo la sinistra inseguire il vento della destra, sulla deriva xenofoba e razzista. E così anche Holland non può dimenticare di essere in campagna elettorale e, al di là del dolore e della pena, vuol gridare più forte di Marine LePen e parla di guerra e manda a bombardare i campi di addestramento dell’Isis ( ma siamo sicuri che gli obiettivi siano solo quelli?), invece di fermarsi a ragionare, a disegnare una strategia di più ampio respiro.

Biglietto Parigi 13 02

Vediamo di capire invece chi è il nostro nemico e forse questo ci potrà suggerire anche come muoverci e sconfiggerlo. I terroristi dell’Isis, infatti, non sono i talebani, non sono così isolati e ignoranti, sono molto peggio e usano i social network, Facebook, twitter e si muovono e si coordinano in rete.  Sono talmente feroci che perfino al Qaida ha preso le distanze da loro. La brutalità dell’ISIS infatti era già stata notata da al Qaida nella guerra in Siria: dalla fine del 2013 il capo di al Qaida, Zawahiri, cominciò a chiedere all’ISIS ( che allora ancora non si chiamava così, ma si chiamava AQI cioè al Qaida in Iraq) di rimanere fuori dalla guerra, visto che in Siria al Qaida era già “rappresentata” dal gruppo estremista Jabhat al-Nusra. Al-Baghdadi però si rifiutò di obbedire e nel febbraio del 2014 Zawahiri “espulse” l’ISIS da al Qaida («Fu la prima volta che un leader di un gruppo affiliato ad al Qaida disubbidiva pubblicamente», ha detto un esponente qaedista). In altre parole l’ISIS si era dimostrata troppo violenta anche per al Qaida, soprattutto perché prendeva di mira non solo le truppe di Assad ma anche altri gruppi dello schieramento dei ribelli sunniti.

Nell’aprile del 2013 dunque quello che era un gruppo affiliato ad al Qaida cambiò il suo nome in Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIS). Il fatto di includere la regione del Levante nel nome del gruppo (cioè l’area del Mediterraneo orientale: Siria, Giordania, Palestina, Libano, Israele e Cipro) è l’indicazione di un’espansione delle ambizioni di questo gruppo, che si autodefinisce uno stato, in questo caso un califfato.

“ Zack Beauchamp ha scritto una lunga e precisa analisi dell’ISIS sul sito di Vox, e tra le altre cose ha provato a capire in quali territori il gruppo ha intenzione di istituire un califfato islamico: con l’aiuto di alcune mappe, Beauchamp ha mostrato come gli obiettivi dell’ISIS siano confusi, mutabili nel tempo ma estremamente ambiziosi (in una, per esempio, tra i territori su cui l’ISIS ambisce a imporre il suo controllo c’è anche il Nordafrica).”

D’altra parte “Sul New Yorker Lawrence Wright ha descritto così il modus operandi del gruppo:

«Bin Laden e Zawahiri avevano sicuramente una certa familiarità con l’uso della violenza contro i civili, ma quello che non riuscirono a capire fu che per Zarqawi e la sua rete la brutalità – particolarmente quando diretta verso altri musulmani – era il punto centrale dell’azione. L’idea di questo movimento era l’istituzione di un califfato che avrebbe portato alla purificazione del mondo musulmano»

Dunque questo gruppo di terroristi ha per nemici non solo gli occidentali, ma anche gran parte del mondo mussulmano, che non è certo compatto, ma diviso da odi profondi e non solo fra sciiti e sunniti. Sono più di mille anni che si odiano visceralmente e che si combattono fra loro e dunque perché non sfruttare - citando una massima sessantottina – le “contraddizioni interne al sistema”?

Qualche anno fa, nel 2007 il gruppo di al-Baghdadi subì un notevole indebolimento, grazie al  parziale successo della strategia di controinsurrezione attuata in Iraq dal generale statunitense Petraeus, che prevedeva una maggiore vicinanza e solidarietà delle truppe con la popolazione e che contribuì a ridurre le violenze settarie e il ruolo di al Qaida per almeno due anni. Da allora certamente molte cose sono cambiate, ma può essere un modello alternativo da tener presente.

E c’è anche un altro fattore che non va sottovalutato: infattiA differenza di altri gruppi islamisti che combattono in Siria, l’ISIS non dipende per la sua sopravvivenza da aiuti di paesi stranieri, perché nel territorio che controlla di fatto ha istituito un mini-stato che è grande approssimativamente come il Belgio: ha organizzato una raccolta di soldi che può essere paragonata al pagamento delle tasse; ha cominciato a vendere l’elettricità al governo siriano a cui aveva precedentemente conquistato le centrali elettriche; e ha messo in piedi un sistema per esportare il petrolio siriano conquistato durante le offensive militari. I soldi raccolti li usa, tra le altre cose, per gli stipendi dei suoi miliziani, che sono meglio pagati dei ribelli siriani moderati o dei militari professionisti, sia iracheni che siriani: questo gli permette di beneficiare di una migliore coesione interna rispetto a qualsiasi suo nemico statale o non-statale che sia.”

http://www.ilpost.it/2014/06/19/isis-iraq/

A questi cespiti di guadagno aggiungiamo anche il commercio dei reperti archeologici, da cui ricavano un bel po’ di denaro. Tutto questo però ci offre una straordinaria opportunità: individuare infatti queste fonti di guadagno ci consente di creare una sorta di embargo. Voglio dire che se impediamo loro di vendere agli stessi siriani - a cui per altro li hanno sottratti - il petrolio e l’elettricità e diffidiamo musei e privati a finanziarli comprando i reperti archeologici, le loro fonti di finanziamento si esaurirebbero e dove non ci sono soldi con c’è modo di sovvenzionare atti terroristici. Fra l’altro c’è da chiedersi: le armi dove le comprano? Perché non ci pare che esistano nel loro territorio fabbriche d’armi. Sanzionare anche i signori della guerra, i commercianti d’armi non sarebbe una cosa inutile, in un contesto come questo.

 

Mappa ISIS

 

Un’altra considerazione da farsi è che non dobbiamo  cadere nella loro trappola e farci trascinare nel loro oscuro mondo fatto solo di violenza, anche perché noi non siamo spietati come loro: la nostra mentalità è ben diversa. Il nostro Dio non è quello violento, dell’odio e della collera, non è un dio-padrone, ma un Padre amoroso. Noi  godiamo del libero arbitrio, possiamo scegliere il nostro destino. Noi possiamo godere dei nostri sensi, della nostra creatività, dell’arte, della musica. Noi preghiamo con gli occhi verso il cielo e non con la faccia schiacciata a terra.

Ed è Gesù – e lo dico da laica – che ha iniziato questa rivoluzione contro la vecchia visione ebraica di Dio e ci ha insegnato un nuovo credo. Gesù di Nazareth, il Cristo, un Uomo straordinario che – duemila anni fa! – ha  educato il mondo all’amore e alla tolleranza [anche se non sempre la sua chiesa, che tuttavia si chiama cristiana, ha compreso e seguito ( vedi le Crociate!)]. Quello che proprio non dobbiamo fare è tornare indietro, abbandonare il suo civile insegnamento e seguire l’esempio di questi terroristi e farci trascinare nel loro buio mondo fatto solo di paura, di odio e di violenza.

Per chi come loro vive tenuto in pugno dal terrore verso una divinità che viene dipinta dagli immam crudelmente distante, punitiva, sanguinaria e violenta, che non consente nessuna libertà, nessun piacere, è davvero intollerabile vedere chi vive libero di decidere di sè. Dite di no? E allora perché scegliere come obiettivi del massacro non luoghi simbolo come la torre Eiffel, o l’Arco di Trionfo, ma uno stadio di calcio, un teatro in cui si tiene un concerto di musica metal, bar e ristoranti dove la gente mangia, beve e si diverte? Piacerebbe loro che noi vivessimo nello stesso buio di infinite privazioni, gonfi di odio e di rabbia e di paura. Non dobbiamo cambiare la nostra vita, chiudendoci dentro pollai di filo spinato, con le frontiere chiuse, con i locali deserti. No. Non dobbiamo perdere la nostra identità, non dobbiamo cadere nella trappola della paura ed entrare nella spirale di una guerra vorrebbe significare dire addio alla nostra vita libera e serena.

Ma c’è anche un’altra riflessione da fare: nei commandos di questi terroristi ci sono molti, troppi ragazzi europei e noi dobbiamo capire perché: perché li seguono, perché si convertono a una religione così piena di odio. Fra i terroristi che hanno partecipato al massacro di Parigi, infatti, c’era un trentenne francese e tre giovani belgi. Fra i più feroci terroristi e decapitatori dell’Isis ci sono dei giovani inglesi. Una italiana diventata musulmana è andata in Siria per unirsi all’Isis, avvolta in un burka e pronunciando oscure minacce di morte nei confronti dei suoi conterranei.

C’è da chiedersi come e perché è cresciuto tanto odio in alcuni giovani europei. Forse perché questa nostra società non ha fatto altro che emarginarli, togliere loro il lavoro, il futuro, le opportunità per realizzarsi e per vivere una vita piena e felice. Forse perché i figli dei potenti trovano subito lavoro e opportunità e altri giovani  arrancano e debbono piegarsi – quando li trovano – a  lavori non qualificati e qualificanti. Forse perché non c’è nè equità né giustizia, ma corruzione e marciume… a pensarci; sono tanti i motivi per cui una intera generazione di giovani ce l’ha con questa società e ha voglia di distruggerla. Ma una guerra servirebbe? Raddrizzerebbe questi torti, riporterebbe equità, onestà, giustizia? O tutto si complicherebbe ulteriormente?

Direi che di cose da fare, di strade da prendere, di strategie da mettere in atto abbiamo dimostrato che ce ne sono altre prima di arrivare a un conflitto vero e proprio. La guerra insomma dovrebbe essere davvero l’ultimo atto, l’extrema ratio, anche senza considerare che c’è l’ articolo 11 della nostra Costituzione, che ancora non è stato cancellato o modificato, e che dice che “ L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali…

1 marzo 2018

1968. cinquant’anni di assenza

Barbara Fois - Liberacittadinanza
6 marzo 2018

Rien ne va plus, les jeux sont faits

Barbara Fois - Liberacittadinanza
23 maggio 2018

Buongiorno tristezza

Barbara Fois - Liberacittadinanza
7 marzo 2018

8 marzo 2018

Barbara Fois - Liberacittadinanza