A chi come noi - che abbiamo subito per anni gaffes e figuracce, esternazioni indecenti, insulti immotivati e volgarità arbitrarie da parte dell’ex cavaliere - pareva impossibile che ci fosse qualcosa di più scandaloso, infamante e imbarazzante delle sue performances, Donald Trump ha insegnato che non c’è mai fine al peggio, inanellando in continuazione figuracce incredibili. Questa volta siamo davvero davanti a parole che fanno scalpore. I fatti: Trump voleva togliere lo status di protezione a migliaia di immigrati provenienti da Haiti, El Salvador e da alcuni paesi africani, entrati negli USA - secondo l’accordo bipartisan sul “Deferred Action for Childhood Arrivals” (DACA), la legge che regola i cosiddetti “dreamer”, i bambini arrivati negli USA insieme a genitori che risultano come immigrati irregolari - in seguito a eventi catastrofici. A parlamentari e senatori che gli chiedevano di riconsiderare la decisione di togliere questo status di protezione, Trump ha risposto: "Perché gli Stati Uniti dovrebbero avere tutta questa gente che arriva da quel cesso di Paesi?".
L’espressione, che in italiano è stata tradotta come “cesso di paesi” in inglese suona “shithole countries”, un’ espressione volgare e piena di disprezzo che definisce luoghi schifosi, luridi, puzzolenti e miserabili, come latrine e orinatoi . Nella parola shithole c’è infatti il termine schit, che – senza tanti giri di frase - significa merda e hole che significa buchi, fori. Questa evocazione all’odore di “latrina” di Trump, certamente diventerà più famosa della fontana orinatoio di Marcel Duchamp.
Nella sala ovale in cui è avvenuto questo incontro erano presenti diverse persone, fra cui il senatore democratico Richard Durbin, che insieme al suo collega repubblicano Lindsay Graham ha riportato la vicenda e ha ribadito che Trump ha pronunciato quelle parole "ripetutamente". «Nessun presidente era mai ricorso a certe espressioni nella storia della Casa Bianca. Ha utilizzato - ribadisce Durbin - parole piene di disprezzo, abiette e razziste, e le ha ripetute più volte». Durbin ha anche elogiato il collega Graham per il coraggio avuto nel contraddire il pensiero del presidente.
Secondo quanto riferisce il Washington Post, Trump si sarebbe spinto anche oltre: "Gli Stati Uniti dovrebbero attirare più immigrati da Paesi come la Norvegia".
Il mondo civile e progressista, messo al corrente di questa vergognosa esternazione, ha reagito con sdegno e con disprezzo nei confronti di una persona che, in ogni modo e in ogni atto, dimostra di continuo di non essere all’altezza del ruolo che ricopre.
Tra le reazioni più dure ci sono le parole espresse dall’ambasciatore americano a Panama John Feeley, che hanno accompagnato le sue dimissioni: "Come funzionario del ministero degli Esteri ho firmato un giuramento di servire il presidente e la sua amministrazione senza farmi condizionare dalla politica, anche se posso non concordare con certe scelte. Le mie istruzioni sono chiare: se ritenessi di non poter più servire, sarebbe per me un obbligo d'onore dimettermi. Questo momento è arrivato adesso".
Dunque, ancora una volta Donald Trump fa infuriare e indignare il mondo civile e democratico, aumentando il suo isolamento sul piano internazionale e mutando il sospetto sulla sua inclinazione a posizioni razziste e xenofobe in una certezza.
Dall'Africa all'America Latina si solleva un'onda di indignazione senza precedenti. Proprio come quella provata dai membri del Congresso - repubblicani e democratici - presenti nello Studio Ovale quando Trump è sbottato con quella volgare espressione sulla questione immigrati.
Attraverso
il portavoce Rupert Colville le
Nazioni Unite dal canto loro hanno espresso il proprio sdegno per la
frase del presidente americano: "Non
c'è un'altra parola che può essere usata se non 'razzista'. Se
confermato e non smentito ufficialmente, si tratta di un pensiero
vergognoso e scioccante".
Sempre
al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite intanto gli ambasciatori dei
Paesi africani si sono riuniti d'urgenza, mentre il segretario
generale, il portoghese Antonio Guterres, ha invitato a rispettare
sempre e ovunque i diritti e la dignità degli immigrati. L'Unione
africana si è detta quindi "allarmata", bollando le parole
di Trump come "inaccettabili" e chiedendo le sue scuse
ufficiali.
Dal canto suo Jesse Duarte, vice segretario dell'African national congress, il primo partito del Sudafrica ha definito le parole di Trump come “ allarmanti e estremamente offensive". E ha aggiunto:"Gli Stati Uniti hanno milioni di disoccupati e di persone senza assistenza sanitaria, ma noi non faremo comunque commenti dispregiativi.Gli Usa sono, nella storia, il più grande esempio di Paese costruito sui valori della diversità e delle opportunità per tutti, soprattutto per i migranti”.
E del resto lo stesso Trump non è figlio di migranti provenienti dalla Germania? E non ne erano molto fieri (visto quello che era successo in quel paese con il nazismo), tanto da rinnegare le proprie origini e inventarsi di essere svedesi.
Ma la sparata di Trump agita anche e fortemente l'establishment repubblicano, preoccupato soprattutto in vista delle elezioni di metà mandato, visto che a novembre sarà rinnovata gran parte del Congresso.
Le parole pronunciate da Trump nella sala ovale fanno eco a quelle che il presidente avrebbe detto nei mesi scorsi. Lo scorso giugno avrebbe infatti sostenuto che i 15mila haitiani arrivati negli Stati Uniti nel 2017 "hanno tutti l'Aids". Non se la sono cavata meglio i 40mila nigeriani giunti negli Usa lo scorso anno: "Non torneranno più nelle loro capanne". Quanto ai neri in generale: sono pigri, lo aveva detto già qualche anno fa. Per non dire del suo plauso per la tortura con l’acqua ai musulmani: «Assolutamente approverò il waterboarding, va benissimo, ma dovremmo fare qualcosa di molto più forte. Amici, credetemi, la tortura funziona».
Donald Trump ha difeso, in privato, le sue parole sui migranti provenienti dai Paesi africani e caraibici affermando che stava solo esprimendo quello che molte persone pensano ma non osano dire sulle persone provenienti da quei Paesi.
Ma Trump ha anche dei sodali: tutti i razzisti, i fascisti e i nazisti che sono in circolazione sono dalla sua parte: i cosiddetti suprematisti bianchi – per dirne una - lodano le dichiarazioni shock del presidente Donald Trump sui Paesi cesso "Ha detto la dura, brusca verità", ha twittato l'ex gran maestro del Ku Klux Klan, David Duke. Richard Spencer, altro preminente suprematista, ha scritto che se Haiti è stata dominata dai francesi "potrebbero loro renderla di nuovo grande". Il sito neo nazista Daily Storm ha definito le affermazioni del presidente "incoraggianti e tonificanti poiché indicano che Trump è più o meno sulla nostra stessa lunghezza d'onda - si legge - per quel che riguarda l'immigrazione".
Qui da noi gli fa eco quel triste figuro di Paolo Guzzanti, e altre squallide frange vomitate da un fascismo ridicolo, anacronistico e ottuso.
Trump si era anche distinto per un battibecco con la premier britannica Theresa May per aver ritwittati dei filmati di un gruppuscolo britannico di estrema destra il «Britain First», noto per le sue posizioni estremistiche verso gli immigrati di religione musulmana. La May si era risentita: “Britain First è un gruppo che semina odio” e ritwittarne i video è stata “la cosa sbagliata da fare”. La premier ha evidenziato che il Regno Unito “lavora assieme agli Usa” sulla scena internazionale e intende continuare a farlo da alleato stretto, ma ha aggiunto di non aver “paura di parlare” se ritiene che Washington faccia “qualcosa di sbagliato”.
Naturalmente Trump aveva ribattuto ( peccato che abbia indirizzato la risposta a una Theresa May sbagliata, che aveva solo 6 followers ) «Non concentrarti su di me, ma sul terrorismo radicale islamico nel Regno Unito. Noi siamo a posto!» della serie “ragazzì, lasciami lavorare”.
Sembra che i rapporti fra Londra e Washington non siano più buoni come una volta. Sarà per questo che il nome di Trump non risulta nell’elenco degli invitati al matrimonio del principe Harry? Eppure sposa una americana… mah…
E
mentre tutto il mondo è in subbuglio sul tema dei migranti e il
Congresso statunitense sta lavorando per sciogliere il nodo del
DACA, Jeff Bezos,
il patron di Amazon e proprietario del Washington
Post, ha donato 33
milioni di dollari a un fondo che offre borse di studio ai dreamer.
Come si dice:
un gesto vale più di mille parole.
Barbara Fois