«Questa riforma non è perfetta, ma è
buona, soprattutto per quelli che entrano nel mercato del lavoro –
ha detto la Fornero in un'intervista al Wall Street Journal - Stiamo
cercando di proteggere le persone, e non il loro posto di lavoro.
Deve cambiare l'atteggiamento delle persone. Il posto di lavoro
non è un diritto, deve essere guadagnato, anche attraverso
sacrifici».
Poi quando tutti le sono saltati addosso con la
bava alla bocca, il suo portavoce ha spiegato che c’è stato un
errore nella traduzione dall’inglese: lei ha detto che "a job
isn't something you obtain by right but something you conquer..".
Ovvero, "che un lavoro non è qualcosa che spetta per diritto ma
qualcosa che si conquista...". Un lavoro, non "il lavoro".
E secondo lei così avrebbe spiegato tutto, come se quello che ha detto, comunque la giri, non voglia dire disconoscere quello che la nostra Costituzione afferma e non solo all’articolo 1, ma anche all’articolo 4, dove dice che: “la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”.
Ma certo bisogna ammettere che quando il lavoro è stato scelto come parametro e cardine della nostra Costituzione, aveva e gli si attribuiva un valore molto diverso da quello che oggi ha. E quando il testo dice “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro” sta dicendo che questo è molto più un semplice diritto: è una condicio sine qua non, è una pre-condizione necessaria per essere considerati cittadini e parte di una comunità.
Ma è anche ovvio che quando si scrivevano quegli articoli nessuno pensava al lavoro in un call center e non solo perchè allora non esisteva, ma perchè allora il lavoro aveva una sua specificità professionale. Infatti che caspita di lavoro è quello in un call center? Che studi, che specializzazione ci vogliono per farlo? Che professionalità, che conoscenze?
Quando si scriveva il primo articolo della nostra Carta, la parola lavoro aveva ancora una sua dignità, una fisionomia, un senso, uno spessore. Oggi, in un paese in cui il precariato rende inutile qualsiasi sapere, qualsiasi approfondimento, qualsiasi specializzazione, una arrogante signora di mezza età, arrivata fortunosamente a coprire una carica per la quale non ha sufficiente spessore umano e politico, può arrogarsi il diritto di sputare in faccia a tutti i propri convincimenti ipocritamente classisti.
Guadagnatevelo il lavoro, cari ragazzi, dice, soffrite e fate sacrifici per ottenerlo. Come ha fatto sua figlia? O come ha fatto il suo vice, quello che ottiene la cattedra perchè tutti gli altri concorrenti si ritirano? Ma che se ne vada! Speriamo che oggi le votino la sfiducia, che la caccino via. Non abbiamo bisogno della sua presuntuosa arroganza. Se ne vada. Torni alle sue brioches.