Le due facce dell’America

di Barbara Fois - Liberacittadinanza - 01/02/2018
Il terribile discorso di Trump al senato e quello del giovane Joe Kennedy

Alle tre del mattino - ora italiana - è cominciato su  Rai News 24, in collegamento con il congresso di Washington, la diretta del primo discorso di Donald Trump  sullo stato dell’unione. Si tratta del discorso annuale con cui – secondo la Costituzione americana – il presidente aggiorna i legislatori e i cittadini sullo stato della nazione.

Il Washington Post ha commentato :“Niente urla, niente gesti grandiosi, niente citazioni del ‘terrorismo islamico’ o della ‘rete di banditi selvaggi’. Il Trump di stasera ha parlato semplicemente di ‘ISIS’, non ha mai citato i suoi avversari né i suoi critici. L’uomo arrivato al potere con una retorica aggressiva sembrava fosse stato sedato da un caldo bicchiere di latte”.

Il fatto è che Trump  ha letto il suo discorso da un gobbo che aveva davanti, su una sorta di leggio. Non si è discostato mai, nemmeno di una sillaba dal testo, quasi certamente scrittogli dal suo staff e dai suoi consiglieri e compagni di partito. Il che vuol dire che l’uomo ( e i suoi collaboratori) hanno capito che non è aria di alzate d’ingegno. Ma non vuol dire che il suo discorso non fosse pieno di minacce, aperte o velate. Anzi!

È stato il discorso più lungo ( 1 ora e 21 m.) dai tempi di Clinton ed è stato tutto incentrato sul tema della forza. Le proposte concrete di Trump al Congresso sono state soprattutto due: una sull’immigrazione e una sulle infrastrutture. Entrambe sono state presentate con continui appelli ai Democratici perché collaborino con i Repubblicani, appelli che sono stati accolti in aula con scetticismo e incredulità, soprattutto perchè anche lo scorso anno Trump al Congresso aveva detto che «il tempo per le sciocche litigate è finito», ma non appena si era staccato dal gobbo elettronico, si era dimenticato tutto. Evidentemente perché non è lui a scrivere i discorsi che pronuncia, almeno quelli che è costretto a leggere …

Parlando dell’immigrazione, Trump ha citato le storie di alcune persone aggredite o uccise da immigrati irregolari, alludendo alla possibilità che tra i dreamers ci siano narcotrafficanti e membri di gang criminali e facendo così infuriare i Democratici. Come non bastasse ha proposto un “equo compromesso” che preveda la possibilità di dare la cittadinanza ai cosiddetti dreamers, cioè gli immigrati irregolari arrivati negli Stati Uniti da bambini e per ora protetti dalle espulsioni, in cambio della costruzione del muro e il rafforzamento delle pattuglie al confine.

Un do ut des fra i più biechi e miserabili. Del resto il suo reazionario, orribile, disgustoso discorso era infarcito oltre che di minacce, anche di personaggi chiamati a sostegno delle sue parole: il bambino che ha messo le bandierine americane sulle tombe dei caduti, il poliziotto che ha adottato il bambino di una tossica, i genitori di persone uccise da delinquenti etc. Una incredibile galleria di poveracci, con le loro povere vite sbattute “in prima pagina”, davanti al mondo, senza rispetto per la loro privacy e per il loro dolore. Da restarne agghiacciati. Quest’uomo è pericoloso ed è anche un bugiardo, a quanto pare, che si approfitta della crescita creata dalla presidenza Obama.

Il Post a questo proposito scrive infatti:”  Trump anche stanotte ha detto un numero rilevante di bugie: ha detto che gli Stati Uniti sono un paese esportatore di energia (falso), che gli stipendi hanno finalmente ripreso a salire (falso, salivano già), ha detto che la sua riforma fiscale ha portato ai tagli più radicali di sempre (falso) e a «migliaia e migliaia di dollari di bonus per ogni lavoratore» (falso).”

Il giornale Politico scrive “Il presidente Trump ha deciso di darsi una calmata, ma tutti si chiedono quanto durerà. L’uomo che si insediò parlando tetramente del “massacro americano” ha tentato stanotte di offrire l’immagine di un’America unita come “una squadra, un popolo, una famiglia” per convincere un’opinione pubblica scettica che lui è il leader stabile che può unire una nazione divisa». Questo cambio di tono riflette il cambiamento delle condizioni politiche a Washington: «senza l’aiuto dei Democratici, i Repubblicani non hanno grandi speranze di ottenere vittorie legislative, e molti nel suo partito sono preoccupati in vista delle elezioni di metà mandato».

Donald Trump ha poi finito il suo discorso con un pistolotto sulle Forze armate, proponendo un piano di ammodernamento e di rilancio degli arsenali nucleari. "Mosca e Pechino stanno minacciando ora la nostra economia, i nostri interessi e i nostri valori. Per questo - ha detto - dobbiamo rendere più forti le nostre Forze armate per dissuadere chiunque da qualsiasi aggressione contro l'America". Anche per questo Guantanamo non verrà chiuso, come avrebbe voluto Obama.

Il presidente americano ha parlato anche della Corea del Nord: "Non possiamo permettere che ci siano complicità e concessioni verso un regime depravato che vuole distruggere gli Stati Uniti. Basta guardare al "carattere depravato" del leader nordcoreano per capire la natura della minaccia nucleare per gli Usa e i suoi alleati. Una deduzione quanto mai irrazionale e sciocca, visto poi che tutti hanno capito che fra i due leader c’è un fatto più personale, che politico.

Il presidente Usa ha poi citato il voto Onu contro la sua decisione di riconoscere Gerusalemme Capitale d’Israele: “I Paesi che ci hanno votato contro – ha dichiarato – ricevono da noi venti miliardi di dollari di aiuti l’anno. Chiedo che il Congresso passi una legge che assicuri che i soldi in futuro vadano solo ai nostri amici, non ai nemici”. Al Congresso ha inoltre domandato di “correggere il terribile accordo nucleare iraniano”. Sulla Corea del Nord ha infine ribadito che gli Stati Uniti sono impegnati in una “campagna di massima pressione” per scongiurare il pericolo di suoi arsenali atomici.

 Ultima annotazione della serata, per finire: la signora Trump  è arrivata vestita con un tailleur pantalone di Dior di colore bianco. Le rappresentanti dei Democratici, invece, erano tutte vestite di nero come forma di protesta contro Trump ( e nel contempo per dimostrare il loro sostegno al movimento anti-molestie).

 

Trump tronfio

 

 

Fortunatamente, per chi come noi seguiva gli sproloqui minacciosi di Trump, dopo è stato mandato in onda anche il discorso di un giovane democratico, che si chiama Joseph (Joe) Kennedy . Eh sì, Bob Kennedy era suo nonno e JFK il suo prozio.

Il Partito democratico ha affidato a lui l'onore (e l'onere) di pronunciare un discorso tv di alcuni minuti dopo il lungo intervento del presidente, davanti al Congresso riunito in seduta comune.

Giovane (37 anni), avvocato e deputato del Massachusett, capelli rossi, lentiggini e sorriso accattivante, il giovane Kennedy ha parlato con passione e con misura, in maniche di camicia e cravatta, da un garage di una scuola. Ha ovviamente parlato di Trump, ma senza mai nominarlo.

 "I bulli posso tirare un pugno - ha detto con aria di sfida - forse lasciare un segno, ma non hanno mai, neanche una volta, nella storia degli Stati Uniti eguagliato la forza e lo spirito di un popolo unito nella difesa del proprio futuro". L'erede della più grande dinastia politica americana ha voluto rispolverare l'anima liberal dell'America: "La nazione più forte, più ricca, più grande del mondo non deve lasciare nessuno indietro". Ed ha accusato Trump di avere attuato politiche divisive che lasciano troppi americani "arrabbiati, impauriti, dimenticati". "Questa amministrazione non prende di mira solo le leggi che ci proteggono - ha detto Kennedy - ma la stessa idea che siamo tutti degni di essere protetti". E ancora: "Noi sentiamo le fratture di un Paese diviso, l'odio ed il suprematismo marciano orgogliosamente nelle nostre strade".

Non poteva nel suo discorso mancare un pensiero rassicurante rivolto ai dreamers, i giovani immigrati arrivati da bambini negli Usa, che con le nuove politiche di Trump rischiano l'espulsione: "Noi combatteremo per voi, non ci faremo indietro", ha detto in spagnolo.

Il giovane Kennedy si è soffermato anche sulla politica estera, con un accenno volutamente polemico, visto che nel suo discorso Trump non ha fatto alcun accenno al Russiagate, sulle presunte collusioni tra la sua campagna e Mosca e che lo ha quasi portato sulla soglia di un impeachment . La Russia è "immersa nella nostra democrazia”. ha affermato Kennedy e poi ha aggiunto: “Potremmo classificare l’ultimo anno come caos... ma è molto di più... non è giusto. Non è ciò che siamo".

Ha parlato implicitamente di lui anche quando ha accennato a una "promessa americana" infranta da un’amministrazione che " trasforma la vita in una gara in cui perché uno vinca l’altro deve perdere. Siamo bombardati da una falsa scelta dopo l’altra - ha attaccato - minatori del carbone o mamme single". Kennedy ha descritto un sistema corrotto al vertice, ma ha concluso con un messaggio di ottimismo: "Lo Stato dell’ Unione ha speranza, è duraturo e resistente".

 

Noi che abbiamo l’età giusta per ricordare gli anni dei fratelli Kennedy e la speranza che allora animava il mondo, vogliamo qui riportare un brano di un discorso bellissimo che Bob pronunciò proprio nel 1968, tre mesi prima del suo assassinio.

Durante i suoi discorsi lui poneva spesso l'accento sul fatto che dovessero essere la compassione e l'amore a farci comprendere il mondo. Non solo: criticò duramente il PIL come indicatore di benessere, in un'epoca in cui il concetto non era ancora così noto, diffuso e dominante. Vogliamo qui riportare quel brano, che sembra scritto in risposta al discorso di Trump e che è di una attualità che lascia sbalorditi e increduli.

« Con troppa insistenza e troppo a lungo, sembra che abbiamo rinunciato alla eccellenza personale e ai valori della comunità, in favore del mero accumulo di beni terreni. Il nostro PIL ha superato 800 miliardi di dollari l'anno, ma quel PIL - se giudichiamo gli USA in base a esso - quel PIL comprende l'inquinamento dell'aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le autostrade dalle carneficine. Comprende serrature speciali per le nostre porte e prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende la distruzione delle sequoie e la scomparsa delle nostre bellezze naturali nella espansione urbanistica incontrollata. Comprende il napalm e le testate nucleari e le auto blindate della polizia per fronteggiare le rivolte urbane. Comprende il fucile di Whitman e il coltello di Speck, e i programmi televisivi che esaltano la violenza al fine di vendere giocattoli ai nostri bambini. Eppure il PIL non tiene conto della salute dei nostri ragazzi, la qualità della loro educazione e l'allegria dei loro giochi. Non include la bellezza delle nostre poesie e la solidità dei nostri matrimoni, l'acume dei nostri dibattiti politici o l'integrità dei nostri funzionari pubblici. Non misura né il nostro ingegno né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione per la nostra nazione. Misura tutto, in poche parole, eccetto quello che rende la vita degna di essere vissuta. Ci dice tutto sull'America, eccetto il motivo per cui siamo orgogliosi di essere americani. »

Bob e Joe Kennedy

 

 

Barbara Fois

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