Il documentario di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti, presentato al Festival di Berlino, col titolo “Materia oscura”, ha riportato l’attenzione dell’opinione pubblica su un problema gravissimo: l’inquinamento radioattivo dovuto all’uranio impoverito dei missili e delle bombe che vengono fatte brillare per addestramento nel Poligono Sperimentale a Quirra, un angolo splendido della Sardegna.
La tragedia di questa zona comincia nel 1965, quando la Nato impianta qui la sua piattaforma addestrativa: il Poligono sperimentale interforze, cui si sono aggiunte la base di Teulada e quella di Capo Frasca - naturalmente scelte fra le zone marine più belle e suggestive - e la base aerea di Decimomannu.
Ma mentre il pubblico del festival di Berlino guardava le immagini della devastazione di Quirra, moriva Maria Grazia, una ragazza di 25 anni, nata malformata e divenuta il simbolo vivente di quella tragedia senza fine.
(vista
della zona dai ruderi del castello medievale di Quirra)
Salto
di Quirra: 12 mila ettari di paradiso fra colline, pianura e mare,
sabbie dorate e scogli, una delle terre fra le più belle e
suggestive del versante orientale dell’Isola e diventata un vero
inferno. Ma una zona anche abitata e coltivata. Come abbiano potuto
permettere che dei militari sperimentassero le loro armi pericolose,
vicino a centri abitati e campagne coltivate, è uno dei misteri che
riguardano il governo di questo paese, ormai da sempre in mano a una
classe dirigente miserabile e ignorante, in gran parte incompetente e
avida, egoista, opportunista e servile. Non voglio dire che queste
cose succedano solo qui nella mia ventosa isola, perché ce n’è
per tutti nel nostro paese: lo si vede dal dissesto idrogeologico
diffuso dal nord all’estremo sud, dai beni archeologici lasciati
cadere in rovina, dalle opere faraoniche e inutili cominciate e mai
finite un po’ ovunque, dai ladrocini continui, con contorno di
mazzette e tangenti. Ma certo qui e nel sud la situazione è
decisamente molto peggiore.
Senza una autorità superiore che vegli sul bene dei cittadini, in Italia ognuno fa come gli pare e cerca di arricchirsi e di arraffare tutto quello che può. Nel sacco continuo di ogni risorsa dello Stato non si tien conto di nulla, nemmeno della vita e della salute dei cittadini.
Così non meraviglia che non solo ogni tanto qualche bomba inesplosa finisse sul litorale o in acqua, laddove famiglie, giovani e turisti andavano a tuffarsi in quel mare azzurrissimo, ma ora sappiamo che si rischiava di più quando le bombe contaminate da sostanze radioattive: uranio e torio soprattutto, esplodevano e nanoparticelle radioattive si sprigionavano, avvelenando per miglia intorno: terre, creature viventi e persone, colpite da una straordinaria incidenza di patologie e forme tumorali.
E proprio la popolazione del luogo è in lotta da anni con le istituzioni: contro quello Stato che doveva proteggerla e che invece l’ha svenduta e consegnata nelle mani dei suoi carnefici, ma anche contro la Regione e le amministrazioni locali, spesso inette e servili, eppure ci sono voluti decine di morti per tumori, torio trovato nelle tibie dei pastori, agnelli deformi, ordigni inesplosi, interrogazioni e commissioni parlamentari, silenzi e bugie, omissioni e connivenze, per arrivare all’attuale processo.
La sua istruzione ha richiesto approfondite inchieste e accurate analisi, che son durate anni e hanno testimoniato senza alcun dubbio la presenza di materiale radioattivo nell’area di Quirra. Ciò nonostante fino all’ultimo suo atto il ministro della Difesa Ignazio La Russa si è mostrato reticente. Interrogato nel marzo del 2011 dai deputati radicali Maurizio Turco e Maria Antonietta Coscioni ha ancora una volta sostenuto che “le Forze armate italiane non impiegano, né hanno mai impiegato, munizionamento contenente uranio impoverito e che non risultano scorte di tale munizionamento stoccate in depositi militari italiani”. Precisando ancora che “tale tipologia di munizionamento non è mai stata sperimentata, neppure da forze armate straniere che hanno compiuto esercitazioni sul territorio italiano”. Un’affermazione che fa a pugni con le cinque cassette di uranio 238 trovate poi nei magazzini del poligono ogliastrino. Inoltre nell’area sono state rilevate consistenti tracce anche di Plutonio, Torio radioattivo 234 e Cobalto radioattivo.
Ma allora, al tempo del governo del cavaliere, a Roma si era chiusa l'ultima seduta del Senato sulla Commissione parlamentare d'inchiesta sull'uranio impoverito, dopo anni di indagini, con una relazione finale che suonava come una beffa: si diceva che non c’era nessuna contaminazione, ma, al contempo, che non si poteva escludere che "una concomitante e interagente azione di fattori potenzialmente nocivi possa essere alla base delle patologie e dei decessi osservati". Un perfetto esempio di “cerchiobottismo” politico, fra i più sfacciati.
Ma come era possibile che gli esperti
non avessero rilevato la radioattività?? A spiegarcelo è stato l’ex
generale Falco Accame, presidente dell'associazione vittime dei
militari, che al di là delle "menzogne", e delle
"omissioni", spiega un trucco: "Anche a Quirra, nel
rilevare l'uranio - ha dichiarato all'Espresso - hanno
utilizzato un dispositivo, l'intensimetro, tarato su grosse quantità
di sostanza. Significa che sotto una certa soglia non registra nulla.
Ma questo non significa che l'uranio non vi sia".
Capito?
Per anni hanno trascinato la questione, in attesa di lunghissime
analisi che sembravano non finire mai, cercando il modo di
“baipassarle” e intanto la gente continuava ad ammalarsi e a
morire di linfomi e nascevano “mostri”spaventosi e degni
dell’Apocalisse di Giovanni: agnelli con due teste e sei zampe, e
altre creature dai tratti indefiniti, che sembrano uscite da un
incubo horror. E purtroppo di nascere incompleti o mostruosi non è
capitato solo agli agnelli, come abbiamo ricordato all’inizio.
La popolazione di Quirra ha lottato contro tutto e tutti: contro le autorità assenti, l’arroganza dei militari, contro le malattie e contro la propria stessa terra, divenuta d’improvviso avvelenata e infida. Ci voleva determinazione e forza d’animo, ma soprattutto ci voleva un uomo coraggioso: il pm Domenico Fiordalisi che condusse le indigini e istruì l’inchiesta e che ora ha chiesto il rinvio a giudizio di 20 soggetti tra generali, colonnelli, amministratori locali, docenti universitari, tecnici e medici.
"Un uomo solo contro tutti": così chiamano qui Fiordalisi. Minacciato, scortato e sotto scacco. Perché si sarebbe messo contro l'Avvocatura dello Stato, contro i militari, contro i tanti, troppi interessi economici e strategici che ci sono in gioco. E non solo italiani.
Il prossimo 20 febbraio ci sarà l'ultima udienza delle indagini preliminari. Poi il gup Nicola Clivio valuterà se vi sono gli estremi per confermare i rinvii e iniziare il dibattimento.
Seguiremo da vicino questa vicenda spaventosa, con il rigore dell’informazione, ma anche con la più affettuosa e partecipe solidarietà nei confronti della popolazione di Quirra e del suo coraggioso difensore.
Noi sardi non vogliamo solo giustizia per la gente di Quirra: vogliamo che la nostra terra e le nostre acque occupate dai tre poligoni militari ci vengano restituite pulite e incontaminate, esattamente nello stato in cui erano quando ci sono state sottratte.