Vi ricordate l’uscita di Trump sui paesi cessi? A molti non è piaciuta, sicuramente non al Washington Post, che all’insegna del “ chi di cesso ferisce…” ha deciso solo ora di pubblicare una delicata questione di “fondo”, avvenuta nel settembre scorso.
I
fatti: Melania Trump ha chiesto al museo Guggenheim un'opera d'arte
per abbellire lo studio ovale della Casa Bianca e, nella fattispecie,
ha scelto il magnifico Paesaggio
con la neve
di Van Gogh. Nulla di straordinario: è una consuetudine delle coppie
presidenziali quella di chiedere in prestito delle opere d’arte da
esporre, pro
tempore,
alla Casa Bianca. Ad esempio gli Obama ottennero un Mark Rothko con
le sue fasce di colore e il new dadaista Jasper Johns con le sue
bandiere a stelle e strisce, i Kennedy avevano chiesto un Delacroix,
forse “la
libertà che guida il popolo”.
Scelte che assomigliano molto a quegli inquilini della Casa Bianca.
Ma la richiesta dei Trump era davvero “out of character”… In
ogni caso il Guggenheim ha detto di no (quel dipinto era già
destinato a Bilbao), offrendo in cambio… un water.
Certo, il
water in questione è quello d'oro 18 carati di Maurizio Cattelan, ma
la cosa più divertente è che il cesso d’oro si chiama “America”.
L’artista
italiano è un performer molto noto e molto furbo: i milanesi
ricordano benissimo la sua statua L.O.V.E. ( acronimo di
Libertà,
Odio, Vendetta, Eternità) che rappresenta una mano che esibisce uno
svettante dito medio, in un gesto maleducato e insolente di
provenienza americana ( ma subito adottato con entusiasmo anche da
personaggi nostrani, come la Santanchè, per esempio).
Ha fatto scalpore anche “La nona ora”, opera in cui il papa Giovanni Paolo II viene colpito da un meteorite… no, no: la pubblicità della merendina della Motta è molto più recente (… forse suggestionata dall’opera di Cattelan? Mah...)
Anche il cavallo impagliato e appeso in una galleria ha fatto scalpore, come i bambini impiccati in un parco di Milano. Le sue sculture sono improntate alla corrente iper relista americana, ma quello che si vuole raggiungere è principalmente una reazione scandalizzata da parte del pubblico. E’ sempre, infatti, deliberatamente fastidioso, maleducato, irriverente, provocatorio, blasfemo, ma soprattutto conosce bene i suoi “bourgeois” da épater, che quando vengono sbalorditi ( e ci vuole davvero poco quando lo spessore culturale è limitato e si tende a confondere valore e prezzo) sono poi indotti a comprare le opere anche per milioni di dollari. Lo aveva già capito a suo tempo Andy Warhol, quando dipingeva le sue zuppe, vendendole per cifre astronomiche e disprezzando nel contempo chi le osannava.
E soprattutto lo aveva capito il performer Piero Manzoni, quando nel lontano 1961 aveva inscatolato le proprie feci (?) sigillandole in 90 barattoli di latta, identici a quelli per la carne in scatola, ai quali applicò un'etichetta tradotta in varie lingue, con la dicitura «merda d'artista. Contenuto netto gr. 30. Conservata al naturale. Prodotta ed inscatolata nel maggio 1961». A riprova di questa intuizione, il barattolo n.69 è stato battuto nel dicembre del 2016 per ben 220.000 euro. Già…
Alla luce di tutto questo, la controproposta della direttrice della galleria Guggenheim, Nancy Spector, in sostituzione dell’opera d’arte richiesta, è davvero azzeccata: è un cesso (fra l’altro adoperato dai visitatori della galleria e a tutt’oggi utilizzato da oltre centomila persone e Trump è germofobico), è d’oro ( e basta vedere l’appartamento dei Trump nella T.Tower per capire che il color oro è quello preferito e dominante su tutto) ed il suo valore artistico lascia alquanto perplessi. In più, contravvenendo alla tradizione del prestito temporaneo, è stato loro garantito un possesso a lungo termine.
Diciamocelo,
senza voler togliere nulla a Cattelan, c’è una bella differenza
col Van Gogh che avrebbero voluto!
Certo, è uno schiaffo in piena faccia e penso che Trump cercherà, prima o poi, di fargliela pagare, ma, ragazzi, che soddisfazione!
Barbara Fois