Fra le due foto riportate sotto ci sono circa 70 anni, ma a quanto pare nulla è cambiato, se non che i nipoti dei sopravvissuti dei lager oggi chiudono col filo spinato i figli del popolo palestinese.
Anni fa, quando fu istituita la cosiddetta “Giornata della memoria” ho preso l’ impegno (e intendo mantenerlo), di ricordare oltre alla shoà, anche lo sterminio del popolo Palestinese.Lo scempio disumano e crudele di 6 milioni di Ebrei – che tuttavia è giusto ricordare non erano israeliani, ma tedeschi, italiani, francesi, polacchi, etc. – da parte dei nazisti, non può far dimenticare né deve giustificare i morti Palestinesi per mano israeliana.
Il giorno della memoria non può far dimenticare tutto il resto, non può diventare un paravento dietro cui si nasconde un altro sterminio: quello del popolo palestinese.
Di più: non ho paura di ribadire ancora una volta che se un popolo come quello ebraico, con tutto quello che ha sofferto, è capace di infliggere le stesse torture e crudeltà ad un altro popolo, più povero e disarmato, vuol dire che non ha imparato nulla dal suo vissuto e questo è non solo inquietante e ingiustificabile, ma anche a dir poco ignobile.
Abbiamo già avuto modo di parlare di questa dimenticanza, di queste forme di corale amnesia, di questo oblio selettivo, ma non ci basta: vogliamo qui richiamare alla memoria collettiva anche altri morti, proprio perché il giorno della memoria non può essere appannaggio del solo popolo ebraico.
Del resto il sacrificio della vita non riguarda infatti solo gli Ebrei, ma numerose minoranze che hanno subito lo stesso massacro nel corso del tempo. Voglio dire che accanto ai 6 milioni di ebrei furono massacrati nei lager anche migliaia di zingari, di omosessuali e di prigionieri politici, di cui nessuno parla mai.
Guenter Lewy, studioso tedesco, ha pubblicato nel 2002 con Einaudi un libro - La persecuzione nazista degli zingari - che racconta la storia atroce della persecuzione contro Rom e Sinti, le due principali etnie in cui è diviso il popolo che noi chiamiamo zingari, storicamente sempre emarginato da tutti gli altri gruppi etnici, in tutto il mondo.
In Germania, fin dal 1936, fu creato un istituto per la la lotta contro la nocività degli zingari, che portò a un loro censimento: si parla di circa 25.000 zingari tedeschi e poi, dopo l’Anschluss, di altri 8.000 zingari austriaci. Per la loro eliminazione non fu creata una legslazione apposita, come lo fu per gli ebrei, ma dopo il 1938 la legge antisemita di Norimberga fu estesa anche a loro.
Intanto si imponeva loro la sedentarietà e la sterilizzazione! A migliaia furono ammmassati fin dal 1941 nel ghetto di Lodz e poi gasati nel lager di Chelmno.
Ma di questo nessuno parla. Così come nessuno dice che nel
dicembre del 1942 Himmler firma l’ordine di internamento ad Auschwitz degli
zingari tedeschi, a cui si aggiungeranno tutti quelli trovati nei paesi di
volta in volta invasi. 20.000 ne gaseranno nella sola Auschwitz, per non
parlare degli esperimenti medici fatti sui bambini zingari. Lewy parla di
220.000 morti, ma la comunità degli zingari invece fa salire la cifra a 500.000
morti. La cosa tragica è che qualcuno si chieda se si possa parlare di
genocidio anche per loro! E che a chiederselo sia un ebreo è ancora più
sconvolgente.Quanto ai “triangoli rosa”, cioè agli omosessuali, se ne parla
ancora di meno, perché per loro l’anatema vale ancora, checchè se ne
dica.Sempre Heinrich Himmler scrisse su di loro:: "dal 7 al 10%
di uomini sono omosessuali. E se la situazione non cambia, ciò significa che il
nostro popolo sarà annientato da questa malattia
contagiosa... un popolo che ha molti bambini può ambire al dominio del
mondo. Un popolo di razza nobile ma che ha pochissimi bambini possiede solo un
biglietto per l'aldilà...".
Così incominciarono le retate sistematiche, raccontate in un libro scritto da
Le Bitoux e Perre Seel, intitolato: Moi, Pierre Seel, déporté
homosexuel , edito da Calmann-Lévy nel 1994 e mai tradotto in italiano. Le
cifre, documentate, che il libro riporta si commentano da sole: "Più
di 100.000 omosessuali vengono indagati, 60.000 sono in prigione e oltre 10.000
in campo di
concentramento, di cui i due terzi moriranno".
Le Bitoux racconta l'orrore dei campi di concentramento attraverso altre testimonianze, mentre Pierre Seel, tra i primi omosessuali deportati che trovarono il coraggio di ricordare, racconta in prima persona: "Ogni volta che gli altoparlanti pronunciavano il mio nome ero terrorizzato perché a volte era per praticare su di me delle mostruosità sperimentali; il più delle volte consistevano in numerosissime punture alle mammelle...". Molti popoli e comunità sono scomparsi nel buio, massacrati da altri popoli e comunità nel corso della storia, ma senza andare troppo indietro, basta ricordare gli Armeni, sterminati dai Turchi ai primi del’900 e i Tutsi decimati dagli Hutu nel Rwanda, pochi anni orsono, ma nessuno di questi massacri di massa, nessuno di questi eccidi, di questi olocausti ha avuto l’onore delle cronache o l’interesse del mondo, tanto a lungo da creare appuntamenti fissi e celebrazioni per mantenerne vivo il ricordo.
Perché? Forse perché questi popoli erano poveri? O non abbastanza”importanti”? O troppo tranquilli e non aggressivi?E perché ora che il popolo di Israele ha per il popolo palestinese un evidente piano di sterminio, che persegue da anni ed attua con crudele determinazione, nessuno lo ferma? E perché si tira fuori la sgangherata scusa dell’antisemitismo ogni volta che qualcuno ci prova? La shoah non può diventare il paravento dietro il quale nascondere i crimini che Israele perpetua nei confronti della Palestina. Non si può tollerare che gli stessi Ebrei di Israele, che piangono i loro morti nei lager nazisti, bombardino i campi profughi Palestinesi nella striscia di Gaza, come schiacciassero degli insetti. Non si possono avere due pesi e due misure, non si può portare corone d’alloro sulle tombe degli Ebrei e chiudere un occhio sulla morte di migliaia di bambini Palestinesi. No. Se dobbiamo ricordare, allora ricordiamo tutto. Di tutti. Come scrivo sempre, ogni anno: “Nella storia dell’Umanità non ci debbono essere popoli eletti e popoli reietti.”
Barbara Fois