Papa Ratzinger ha dato le dimissioni. C’è chi definisce il suo gesto un atto di coraggio, altri un atto di vigliaccheria e ognuno esprime il suo parere motivandolo in vario modo. C’è chi ha pensato subito al film di Nanni Moretti “Habemus papam”, qualcuno ha immaginato che fosse uno scherzo di Carnevale, altri si sono disperati, molti si sono stretti nelle spalle infischiandosene e dicendosi che ognuno ha i guai suoi.
Ma cosa accadrà dopo queste dimissioni? Sono davvero pochi i papi che hanno visto cosa è successo dopo di loro, perché in genere un papa abbandona il campo solo chiuso in una bara. Benedetto XVI invece potrà vedere chi gli succederà e tutti i maneggi che si intrecceranno intorno a un nuovo nome. E lui, l’ex papa, come verrà chiamato? Cardinale o vescovo emerito, così come si chiamano i professori universitari che vanno in pensione col massimo di anni di anzianità? Non sarà più “santità”, questo è certo e nemmeno più verrà chiamato papa, anche se gli ex presidenti continuano a venir chiamati così… E’ tutto nuovo, non abbiamo parametri, non possiamo riferirci a precedenti, perché il caso di papa Celestino II che fece “il gran rifiuto” non è confrontabile a questo. Storicamente questa è una novità e certamente porterà a cambiamenti epocali.
Non ho mai nascosto la mia mancanza di stima per il papa tedesco, ma questo gesto me lo fa parzialmente rivalutare e mi fa credere che non sia solo il cumulo di scandali che ha schiacciato il suo pontificato che lo ha portato a questo passo, quanto la sua consapevolezza di non essere all’altezza di affrontare i grandi temi che stanno travagliando la comunità cattolica: dal matrimonio gay, allo spazio da lasciare alle donne nelle gerarchie ecclesiastiche, al matrimonio per i preti, al ritorno alla povertà e semplicità della chiesa chiesto da decine di comunità cattoliche di base e non parlo solo dei neocatecumenali. Lui si rende conto che l’affrontare questi argomenti non può più essere rimandato: le crisi delle vocazioni, i monasteri vuoti, i matrimoni civili che superano quelli religiosi, etc. lo dicono chiaramente, ma lui sa anche di non essere l’uomo giusto per risolverli.
Non può e non vuole essere il “liquidatore” di quel mondo che è sempre stato il suo: rigido, tradizionalista, legato a vecchie formule, a obsolete liturgie, alla lingua latina, che ha scelto non per caso per dare il suo addio. Il suo mondo si sgretola, vola “via col vento”, spazzato via dalle nuove esigenze, dal desiderio di cambiamento, dalla necessità di aggiornarsi. La vecchia fede cieca è sostituita da nuove idee e lui non ha più né l’età, né la forza, ma soprattutto la convinzione per scendere in trincea.
La chiesa cambierà dopo di lui? Il nuovo papa saprà gestire le grandi richieste, le attese ormai irrimandabili di tanti popoli del mondo intero? O le forze più reazionarie tenteranno un ultimo, disperato tentativo di cancellare le novità del Concilio Vaticano II? Lo vedremo molto presto che Pasqua sarà.