Per comprendere la natura e i caratteri dei quesiti referendari

di Paola Filippi, Istat - 24/05/2022
I dati statistici qui riferiti aiutano a comprendere meglio lo stato della giustizia in Italia e quindi a formarsi un giudizio sulla natura e i caratteri dei quesiti referendari. Ricordando che la riforma Cartabia votata sinora e approvata dalla camera dei Deputati ha inciso su tre quesiti: separazione delle carriere, presenza degli avvocati nei consigli giudiziari ed elezioni dei componenti togati del CSM.

Separazione delle carriere (o delle funzioni)

Quanti sono i magistrati , giudicanti e requirenti, oggi in Italia ?

In Italia oggi ci sono 12 magistrati ogni 100mila abitanti. In Germania  sono il doppio e nella media dei paesi Ue siamo il fanalino di coda nel rapporto tra popolazione e nuemro di magistrati. Questa è la ragione per cui il Commissari UE alla giustizia ha chiesto all’Italia di aumentarne il numero. Alla fine del 2020 (dati comunicati dal primo presidente della corte di Cassazione Pietro Curzio durante l’inaugurazione dell’ultimo anno giudiziario) erano in servizio circa 9.100 magistrati ordinari, 269 magistrati in tirocinio e 248 collocati fuori ruolo. L’organico complessivo fissato nel 2018 era di 10.751 posti, dunque restano vacanti 1.313 posti negli uffici giudiziari più altri 534 che vanno coperti con nuovi concorsi.

Esistono poi anche gravi carenze negli organici amministrativi , nelle dotazioni informatiche, nell’edilizia delle sedi giudiziarie.

Quanti sono stati i passaggi dalla funzione giudicante a quella requirente e viceversa?

Negli ultimi 16 anni, dal 2005 al 2021, il numero medio all’anno dei passaggi dalla funzione giudicante a quella requirente risulta pari a 19,5 il totale per i 16 anni è pari a 312. Equivale a dire che i passaggi hanno coinvolto 2 magistrati su mille

 

Negli stessi 16 anni i passaggi tra requirente e giudicante il numero medio di passaggi risulta pari a 28,5 per anno, il totale nei 16 anni è quindi pari a 456 passaggi . equivale a dire che i passaggi hanno coinvolto 3 magistrati su mille

 

Dal 2006, anno di entrata in vigore dell’art.13 Dlgs n.160/2006 , al 2021 il numero di passaggi effettuati da un singolo magistrato è stato di regola 1 solo, mentre solo 39 magistrati ne hanno effettuati 2.

Oltre a ciò , per i limiti introdotti dall’art. 13 del Dlgs 16072006, i magistrati che cambiano funzione non possono rimanere nello stessi distretto o regione.

 

La conclusioni che si possono trarre dai dati è che il fenomeno ha dimensioni del tutto irrilevanti e che i magistrati non sono propensi al cambio di funzioni. La scelta della quale dipende prevalentemente da motivi di vicinanza geografica alla sede di originaria residenza del magistrato. Pr il principio di cui all’art.104 Cost. PM o giudici si diventa e non si nasce, scelta che dipende, al momento dell’ingresso in magistratura, dalla provenienza geografica e dalla posizione nella graduatoria del concorso.

 

Il PM svolge anche importanti funzioni civili, quale organo produttivo di provvedimenti indispensabili al giudice civile in importantissimi settori: separazione e divorzio, incapacità, fine vita, crisi e insolvenza in campo economico, ambiti nei quali di fatto e di diritto svolge compiti di tutela di diritti fondamentali. Di tutela della collettività e di osservanza della legge.

Infine segnalo che l’abrogazione delle disposizioni indicate dal quesito referendario in esame (separazione delle carriere) fa sì che al magistrato che sia stato destinato, all’atto dell’assunzione in servizio, a una funzione – P.M. o giudice -, sia precluso definitivamente di chiedere il passaggio all’altra.

Conseguenza che appare di dubbia costituzionalità, perché non interviene sulle modalità di accesso alla magistratura: il quadro , del tutto incoerente, che vien fuori dall’eventuale vittoria del SI, sarebbe quello del permanere di un unico concorso di magistratura che consente di accedere sia alle funzioni giudicanti che a quelle requirenti. L’assegnazione alla prima sede di ufficio avviene in base a una scelta del vincitore di concorso nell’ambito delle sedi individuate dal C.S.M.: quella scelta, operata una prima volta, rimane poi fisso per l’intera carriera di lavoro, e ciò si traduce nella illegittima compressione dei diritti dei vincitori del concorso. Infatti l’art. 106 Cost. stabilisce che le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso e l’art. 107 co. 3 Cost. prevede inoltre che i magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni. A Costituzione invariata, pertanto, ed essendo unico il concorso, chi accede alla magistratura ha il diritto di svolgere entrambe le funzioni. Le disposizioni attualmente vigenti – oggetto del quesito referendario – hanno solo lo scopo di porre le condizioni per l’esercizio di un diritto costituzionalmente fondato. È l’ulteriore conferma dell’inadeguatezza dello strumento referendario per affrontare una questione così complessa: il concorso unico per carriere separate è una contraddizione insanabile, rispetto alla quale – come per l’intera materia – solo l’intervento del parlamento potrebbe realizzare scelte opportune.

 

I dati  relativi alla separazione delle carriere, sono di fonte CSM e sono ripresi da uno scritto di Paola Filippi

 

 

 

Sullo stato della giustizia

I dati qui riferiti sono di fonte Istat

 

Quante denunce di reato nel 2018 : 2 milioni e 300 mila

Detenuti circa 60 mila nel 2019 con indice di affollamento pari a 119% dei posti letto

I condannati con sentenza definitiva nel 2018 sono stati 290 mila circa, in leggero aumento rispetto al 2017.

Le sentenze relative ai delitti . cioè ai reati più gravi delle contravvenzioni, sono state nel 2018 216 mila circa . I delitti si distinguono dalle contravvenzioni per la maggiore severità della pena a sua volta dipendente dal maggior grado di pericolo sociale attribuito ai diversi reati: per i primi è previsto l’ergastolo, la reclusione (che va da 15 giorni a 24 anni) e la multa (di importo più elevato dell’ammenda). Per i secondi l’arresto (che può andare da 5 giorni a 3 anni) e l’ammenda.

Quanti procedimenti penali pendenti nell’anno 2020 in Italia? 1 milione 631 mila, mentre nel 2003 erano 1 milione 400 mila.

Di fronte a questi dati statistici la domanda sorge spontanea: che senso hanno i quesiti referendari? dato che in nessun modo sono in grado di produrre cambiamenti migliorativi dello stato della giustizia e che in alcuni casi (custodia cautelare e legge Severino n particolare) produrrebbero peggioramenti.

 

 

Sulla custodia cautelare e sulle conseguenze dell’eventuale vittoria del SI’ in relazione al quesito abrogativo di parte dell’art. 274 c.p.p. (norma il cui testo riporto qui sotto)

Ogni anno sono circa 1000 , a fronte di 290 mila sentenze di condanna, le persone che hanno subito in Italia una detenzione in carcere pur essendo state poi ritenute non colpevoli.

Fatto a cui in nessun modo è in grado di porre reale e rigoroso rimedio l’eventuale vittoria del quesito referendario sulla custodia cautelare il quale impedirebbe semplicemente di adottare misure cautelari per tutti i reati dei c.d. colletti bianchi e per tutti specificati qui sotto.

Le misure cautelari sono disposte: a)  quando sussistono specifiche ed inderogabili esigenze attinenti alle indagini relative ai fatti per i quali si procede, in relazione a situazioni di concreto ed attuale pericolo per l’acquisizione o la genuinità della prova, fondate su circostanze di fatto espressamente indicate nel provvedimento a pena di nullità rilevabile anche d’ufficio. Le situazioni di concreto ed attuale pericolo non possono essere individuate nel rifiuto della persona sottoposta alle indagini o dell’imputato di rendere dichiarazioni né nella mancata ammissione degli addebiti;

b)  quando l’imputato si è dato alla fuga o sussiste concreto e attuale pericolo che egli si dia alla fuga, sempre che il giudice ritenga che possa essere irrogata una pena superiore a due anni di reclusione. Le situazioni di concreto e attuale pericolo non possono essere desunte esclusivamente dalla gravità del titolo di reato per cui si procede;

c)  quando, per specifiche modalità e circostanze del fatto e per la personalità della persona sottoposta alle indagini o dell’imputato, desunta da comportamenti o atti concreti o dai suoi precedenti penali, sussiste il concreto e attuale pericolo che questi commetta gravi delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro l’ordine costituzionale ovvero delitti di criminalità organizzata o della stessa specie di quello per cui si procede. Se il pericolo riguarda la commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, le misure di custodia cautelare sono disposte soltanto se trattasi di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni ovvero, in caso di custodia cautelare in carcere, di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni nonché per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all’articolo 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195, e successive modificazioni. Le situazioni di concreto e attuale pericolo, anche in relazione alla personalità dell’imputato, non possono essere desunte esclusivamente dalla gravità del titolo di reato per cui si procede.”.

 

Quindi , secondo l’art. 274 del codice di procedura penale, le misure cautelari devono essere attinenti a) al concreto e attuale pericolo per l’acquisizione o la genuinità della prova; b) alla fuga dell’indiziato o al concreto e attuale pericolo che si dia alla fuga; c) al pericolo di reiterazione di reati, che riguarda la maggior parte dei provvedimenti cautelari emessi.

Il quesito referendario proposto sulla custodia cautelare mira pertanto a restringere l’ambito delle esigenze cautelari che consentono l’applicazione di una misura, proponendosi di intervenire sul c.d. pericolo di reiterazione del reato di cui alla lett. c) dell’art. 274 c.p.p.

Il testo dell’art. 274 c.p. , se vincesse il SI, sarebbe il seguente: «Le misure cautelari sono disposte: […] c) quando, per specifiche modalità e circostanze del fatto e per la personalità della persona sottoposta alle indagini o dell'imputato, desunta da comportamenti o atti concreti o dai suoi precedenti penali, sussiste il concreto e attuale pericolo che questi commetta gravi delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro l'ordine costituzionale ovvero delitti di criminalità organizzata. Le situazioni di concreto e attuale pericolo, anche in relazione alla personalità dell'imputato, non possono essere desunte esclusivamente dalla gravità del titolo di reato per cui si procede».

Sarebbe dunque eliminata la possibilità di motivare una misura con il solo pericolo di reiterazione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, ipotesi in cui peraltro l’art. 274 lett. c) c.p.p., nella parte oggetto del referendum, già limita l’applicabilità della custodia cautelare, con condizioni ancor più stringenti per la custodia cautelare in carcere.

La norma vigente, nell’ottica dei promotori, finirebbe per costituire, nella prassi, una base giuridica idonea a giustificare quasi in automatico forme anche intense di restrizione della libertà personale, in assenza di un accertamento definitivo della responsabilità penale, non corrispondenti a una effettiva pericolosità del reo.

Sul piano pratico la conseguenza dell’ abrogazione come chiedono i promotori il referendum, sarebbe che potrebbero essere sottoposti a misura cautelare solo coloro nei confronti dei quali sussiste il concreto e attuale pericolo che commettano gravi delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro l’ordine costituzionale ovvero delitti di criminalità organizzata, mentre non potrebbero più essere posti in custodia cautelari ladri, bancarottieri, corrotti e corruttori, falsari , stalkers. Per dirne solo alcuni.

 

Quesito referendario su Abolizione Dlgs Severino

Ecco il quesito : «Volete voi che sia abrogato il Decreto Legislativo 31 dicembre 2012, n. 235 (Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell’articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190)?»

Il referendum chiama in causa il c.d. decreto Severino, uno dei decreti legislativi (il n. 235/2012) emanati in attuazione della omonima legge (n. 190/2012) – recante il nome della Ministra della Giustizia dell’allora Governo Monti – che rappresenta uno dei più ampi interventi normativi di contrasto alla corruzione dell’ultimo decennio.

La legge Severino e i decreti attuativi disegnano un sistema composto tanto da strumenti di repressione penale che di prevenzione amministrativa. Il decreto in questione prevede una serie di misure per limitare la presenza nelle cariche pubbliche elettive di soggetti autori di reato, stabilendo il divieto di ricoprire incarichi di Governo, l’incandidabilità/ineleggibilità alle elezioni politiche o alle elezioni amministrative, ovvero la decadenza da tali cariche, in caso di condanna definitiva per determinati delitti, anche se commessi prima dell’entrata in vigore del decreto stesso (profilo temporale per cui la Corte EDU ha di recente escluso il contrasto con l’art. 7 della Convenzione); in caso di condanna non definitiva è prevista la sospensione dalla carica in via automatica (opzione legislativa di recente giudicata legittima dalla Corte costituzionale con sent. 35/2021).

Il referendum propone l’abrogazione integrale del decreto Severino.

Appare autoevidente che tale quesito referendario . nel caso vincessero i SI, impedirebbe qualsiasi forma di contrasto a alla presenza nei ruoli pubblici di rappresentanza politica , in parlamento regioni e comuni, di persone autrici di reati anche quando condannati in via definitiva. !!!

 

Al termine di queste brevi note alcune riflessione di carattere generale :

 

  • la prima riguarda l’inadeguatezza dello strumento, esclusivamente abrogativo, per affrontare questioni complesse, per le quali l’operazione del ‘togliere’ , spesso non permette – come in questo caso non permette - di ottenere un risultato coerente con le finalità che si dicono voler perseguire;

  • la seconda riguarda la rinuncia da parte dei promotori dei referendum a prendere in esame, stando in Parlamento (come la Lega che è uno dei promotori) , in particolare sull’assetto del C.S.M. e del sistema di autogoverno della magistratura. Questo vuol dire per es. che, se il quesito relativo alla separazione delle carriere fosse ammesso e approvato, resterebbe invariata la sottoposizione dei giudici, quanto a carriera, incarichi e disciplina, a organi composti anche da pubblici ministeri, e viceversa, con un incremento notevolissimo della confusione normativa e pratica;

  • la terza riguarda il fatto che i referendum siano promossi da una forza politica come la Lega che ha sempre sostenuto nel campo penale visioni opposte a quella del partito radicale (l’altro promotore dei quesiti referendari).

Di seguito è possibile scaricare l'opuscolo informativo referendum giustizia:

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