ARMI

di Francesco Baicchi - 13/03/2022
Qualunque soluzione non punti all’immediato ricorso alla diplomazia, anche se il cessate il fuoco dovesse essere unilaterale e comportare la resa ucraina, tradisce la razionale utopia di un mondo di pace e di convivenza che fu conseguente nel 1945 all’orrore della guerra.

Fra i danni causati dalla criminale aggressione alla Ukraina c’è la profonda spaccatura che si è generata nel mondo già variopinto del pacifismo in senso lato; una ricaduta certo irrilevante di fronte alle sofferenze delle vittime delle armi, ma da non trascurare per gli effetti che causerà in futuro (e che stanno già evidenziandosi) nei Paesi occidentali.

L’argomento che taglia trasversalmente in particolare la cultura della sinistra è l’opportunità o meno di inviare armi al Paese aggredito senza garanzie per la loro destinazione finale, che sembrano essere squadroni paramilitari non meglio precisati.

Come dovremmo sempre fare, vale la pena di riflettere sulle conseguenze e sulle motivazioni di un simile atto: fra l’altro il nostro Paese diverrebbe ‘belligerante’ e quindi possibile bersaglio, tanto più che ospita basi USA del cui contenuto (armi nucleari?) sappiamo poco o nulla.

Alcuni hanno giustificato il riarmo ucraino con il ‘diritto alla difesa’ da parte di una nazione piccola aggredita da una molto più grossa, creando scivolosi paralleli con la Resistenza antifascista, ma dimenticando proprio alcune delle conseguenze della seconda guerra mondiale. La prima delle quali fu proprio la decisione di impedire nuove guerre, rimettendo la competenza sulle controversie internazionali nelle mani delle Nazioni Unite, o comunque affidandone la soluzione alla diplomazia e alle trattative.

Purtroppo questa decisione è stata ben presto dimenticata dai principali stati imperialisti, che hanno impedito che l’ONU svolgesse efficacemente il suo compito, e hanno continuato a provocare migliaia di morti, in genere nel tentativo di accaparrarsi materie prime importanti, di cui derubare stati ritenuti (sbagliando) periferici.

Invocare ora l’intervento dell’ONU appare utopico, anche se sarebbe doveroso e di valore altissimo sul piano etico: per questo dovrebbe essere comunque tentato. Ma i veri motivi per cui l’invio di armi ai cittadini ucraini, anche se emotivamente comprensibile, è profondamente sbagliato sono altri.

Chi ripudia la guerra, come scritto nella nostra Costituzione, si pone come obiettivo prioritario la salvezza di vite umane e l’immediata fine delle ostilità; confermare o ridisegnare confini non può che essere una finalità successiva: aumentare le armi presenti sullo scenario di guerra ottiene il risultato opposto, di prolungare il massacro e rendere più difficile una soluzione negoziata.

Anche perché con l’invio di nuove armi forse si sopirebbe la frustrazione di chi altrimenti si sente impotente, ma l’equilibrio fra le forze in campo potrebbe essere comunque raggiunto solo con lo scoppio di una terza guerra mondiale, da combattersi, almeno in una prima fase, in Europa. Ipotesi che mi auguro nemmeno i sostenitori del riarmo ucraino intendano prendere in considerazione.

Qualunque soluzione non punti all’immediato ricorso alla diplomazia, anche se il cessate il fuoco dovesse essere unilaterale e comportare la resa ucraina, tradisce la razionale utopia di un mondo di pace e di convivenza che fu conseguente nel 1945 all’orrore della guerra e ci riporta indietro di un secolo, che forse abbiamo sprecato senza riuscire a rendere i popoli (che non hanno mai dichiarato le guerre di cui hanno solo subito le conseguenze) i veri protagonisti. Gli strumenti per imporre alla Russia il rispetto del diritto internazionale possono e devono essere altri, e farli funzionare dovrebbe essere il vero obiettivo di una Europa unita, che pur con tanti limiti, ne ha dimostrato l’efficacia.

 

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