Il film l’abbiamo già visto, è sempre lo stesso, è sempre quello… Lo stesso che abbiamo già visto e rivisto negli ultimi anni. Anche la colonna sonora non cambia: è il suono delle bombe ad accompagnarlo. Gira che ti rigira, guerra bella…
E la guerra gira e rigira le ragioni e i torti, i buoni e i cattivi, le verità e le menzogne. Ritornano i soliti buoni (gli Stati Uniti) e i soliti buoni a nulla (l’OLP di Abu Mazen). Ritornano i soliti cattivi terroristi e aggressori ingiustificati e ingiustificabili (ora Hamas, poco fa i russi, ancora prima Al Qaeda, Saddam o Gheddafi…). Il film procede poi con la solita trama, a ripetere gli stessi gesti, le stesse inutili parole, gli stessi vuoti appelli a negoziare, le stesse petizioni di principio, le stesse condanne, giustificazioni ed autoassoluzioni. E gli stessi morti: esseri umani, persone comuni, come noi, come siamo e saremo noi.
Il copione prevede – nel frattempo – manifestazioni pro-Palestina o pro-Israele: anziché provare a porsi come terza forza di mediazione e interposizione non armata fra le parti, indipendentemente dalle opposte punteggiature sul passato, anche recente. Con l’avvio della distruzione di Gaza e col massacro dei suoi cittadini questa strada è ormai stretta, disperata, quasi impraticabile. È il risultato che terrorismo e guerra, di entrambe le parti, volevano e vogliono ottenere, e – ancora una volta – riuscendo nell’intento. Il copione prevede infatti che le potenziali terze forze restino assenti, ammutolite, balbettanti, che riescano a malapena a invocare pause o tregue, peraltro dividendosi tra loro: alcuni governi sono apertamente schierati con Israele, altri si stracciano le vesti per i palestinesi. Come già accaduto per la guerra ucraina (ma – come purtroppo vedremo e agiremo e subiremo – con espansioni e conseguenze ben più gravi ed irreversibili), ci si limita a tifare per la Roma o per la Lazio, a lanciare anatemi, a tentare di aizzare o sedare le popolazioni a seconda delle finalità di potere interne a ciascuno Stato.
Già si guarda al dopo, dicono in tv. Quando si sarà fatta terra bruciata a Gaza, Israele controllerà il territorio e ne garantirà la sicurezza (per se stesso, non per i palestinesi superstiti, sempre che questi vogliano e possano tornare e che trovino qualcosa che almeno assomigli ad un campo profughi al posto dei loro palazzi sventrati). Quando Hamas sarà estirpato dalla Striscia, i loro capi sterminati, i loro tunnel e le loro rampe di lancio resi inservibili, gli ostaggi liberati, tornerà la pace e l’OLP tornerà a fare il governo fantoccio, come già accade da tempo in Cisgiordania. Così dicono. Ma per ogni militante ucciso, questa guerra ne genererà di nuovi a decine. Per ogni razzo che viene neutralizzato, altri dieci ne arriveranno da chi ha armato Hamas. Per ogni bambino ucciso, avremo un kamikaze in più pronto a farsi esplodere in una qualunque città dell’Occidente. Anche questo film l’abbiamo già visto, e sappiamo già come va a finire.
Lo stesso vale per le deportazioni di massa in corso. Quelle che Israele sta generando a Gaza (e chissà chi si prenderà i profughi questa volta, e quanti soldi arriveranno, come sempre, a Giordania ed Egitto perché se li tengano a casa loro, prima o poi). É la stessa logica che spinge l’Italia a deportare i migranti in Libia, in Tunisia (accordo, per ora, non riuscito) o – come annunciato il 7 novembre – in Albania. Situazioni fuori controllo e fuori legge, che nessuno andrà a verificare: vere e proprie macellerie di stato, lager ammantati di buona creanza, depositi di scarti umani in attesa di rimpatrio, dopo viaggi allucinanti.
Le “democrazie” (statunitensi, europee, israeliane) possono permettersi questo e altro, proprio in virtù del loro autoproclamarsi tali e sostenersi a vicenda in questo immondo teatrino del mondo.
Il set e il cast li facciamo noi, da sempre.
Ma il cerone inizia a sciogliersi e le maschere stracciate svelano ormai il nostro vero, mostruoso volto, sempre più osceno ed arrogante, sempre meno umano.
Disegno di Gianluca Foglia Fogliazza