Ci assumiamo la responsabilità di esprimere pubblicamente la nostra posizione su quanto sta accadendo in Palestina e Israele in questi giorni. Il governo di Israele ha dichiarato lo “stato di guerra” in risposta all'attacco di Hamas. Non possono essere la guerra, i bombardamenti sui civili, l’occupazione di Gaza la risposta al terribile e ingiustificabile attacco di Hamas in territorio israeliano il 7 ottobre scorso, che ha provocato il massacro di centinaia di civili e il sequestro di ostaggi.
Il diritto internazionale deve valere sempre e per tutti. Esso condanna l'uccisione di civili e i sequestri di donne, bambini e anziani; da anni ci battiamo perché venga rispettato, anche contro la pluridecennale occupazione dei territori palestinesi e la persecuzione e uccisione dei loro abitanti, da parte dell’esercito israeliano; contro coloni armati estremisti che protetti dai militari israeliani sempre più in questi giorni imperversano, espropriando i palestinesi, dando fuoco alle loro case.
Esprimiamo dolore e cordoglio per tutte le vittime, palestinesi e israeliane.
La violenza, la guerra i massacri non fanno che accrescere l’odio e l’impossibilità di convivere.
Basta bombardamenti! Fermiamo il genocidio di Gaza !
Il nostro rifiuto della guerra e degli orrori non è rifiuto di capirne cause e conseguenze, né rinuncia a stare dalla parte delle ragioni che riconosciamo giuste.
Comprendere le ragioni e le cause è essenziale per cercare la strada della soluzione.
Nella “questione palestinese”, colpevolmente irrisolta dalla Comunità internazionale, riconosciamo fondamentale il diritto della popolazione dei Territori Palestinesi a resistere contro la colonizzazione, l’occupazione militare israeliana e l’apartheid, con la progressiva disumanizzazione di quel popolo.
Ogni popolo, ogni stato ha diritto alla propria sicurezza, che deve essere reciproca. La sicurezza reciproca è un diritto affermato dalla Carta delle NU. Il diritto del popolo palestinese alla autodeterminazione è affermato da diverse risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle NU ed è riconosciuto dalla quasi totalità dell’Assemblea Generale delle NU. Eppure, la sua realizzazione è stata negata per decenni dalle Istituzioni occidentali, Stati Uniti e Unione Europea in primo luogo.
Rifiutiamo la manipolazione delle informazioni e la campagna mediatica dell’orrore che giustifica la rappresaglia di Israele contro l’intera popolazione di Gaza: una rappresaglia che viola il diritto internazionale ed è una minaccia di genocidio del popolo palestinese.
Devono agire la politica e la diplomazia, troppo a lungo assenti. Le autorità italiane, europee ed internazionali, si attivino immediatamente per:
- fermare i bombardamenti, proteggere la popolazione di Gaza sotto assedio anche attraverso l'apertura di corridoi umanitari; consentire anche il passaggio di aiuti per la popolazione colpita dai bombardamenti; operare per la liberazione dei cittadini israeliani presi in ostaggio e per la liberazione di prigionieri palestinesi nelle carceri israeliani (5000, tra cui donne e minori), impedire che venga provocata una nuova catastrofe umanitaria di indicibili dimensioni.
- Mettere fine all’occupazione e al regime di apartheid nei confronti dei palestinesi
Noi stesse e le nostre organizzazioni abbiamo responsabilità. Come femministe abbiamo percorsi di “diplomazia diretta delle donne” da valorizzare, che hanno saputo aprire strade insperate alle relazioni e alla cooperazione fra donne di paesi divisi da conflitti secolari.
Ricordiamo l’esperienza di “Visitare luoghi difficili”, nel corso della prima intifada, capace di tracciare nuove vie alla comunicazione e al dialogo fra le donne palestinesi e israeliane per costruire ponti di cooperazione e di pace, mettendo fine all'occupazione. Oggi questo è sempre più difficile. Ammiriamo coloro che in questi tempi duri proseguono azioni comuni tra palestinesi e israeliani, in Israele, dove anche gli studenti palestinesi sono sotto attacco.
Progetti che avevano cominciato a prendere forma – una Casa internazionale delle Donne e il secondo Forum delle donne a Gaza – rischiano di non vedere più la luce, schiacciati sotto le bombe e il lutto prima di nascere.
Coltiviamo la speranza di poter riattivarli e costruirne di nuovi. Ce la faremo?
Vogliamo ricordare con le sue parole la cara Bianca Pomeranzi, che ci ha lasciate di recente.
"Di fronte alle violenze e alle chiusure, all’incremento degli autoritarismi, dei populismi di destra, dei governi della sorveglianza e di uno sviluppo tecno-scientifico gestito per accrescere il profitto di pochi, di fronte alla guerra servono le parole e i pensieri delle femministe sul mondo. L’agire dei movimenti femministi continua a rimanere un fenomeno separato ed esterno alle letture geopolitiche. Andrebbe, invece, colta la capacità già dimostrata dal femminismo transnazionale nel pensare il pianeta e nel “trasformare” il mondo partendo dal confronto delle proprie vite e delle proprie esperienze con quelle delle altre.”
"La guerra e la violenza sono esito di un sistema di relazioni di dominio che passano attraverso il genere sessuale, l’organizzazione economico finanziaria e l’emarginazione delle soggettività più vulnerabili, come ad esempio i migranti, i profughi, le persone razzializzate, i diversi. Una retorica funzionale al dominio maschile e alla scomparsa delle donne come soggetti politici e sociali, che favorisce lo scontro tra culture patriarcali, ma occulta e ritarda le possibilità di pace e le risposte alla catastrofe umanitaria formulate dalle femministe. Per tutte queste ragioni la dimensione nazionalista e identitaria della guerra deve essere velocemente denunciata e superata poiché per porre fine alla guerra non è sufficiente invocare la pace e schierarsi, ma occorre lavorare a una pace costruttiva, non pura assenza di guerra, ma ricerca di democrazia e di giustizia sociale. Il femminismo transnazionale di oggi deve assumere con lucidità questo compito.”
Casa Internazionale delle Donne, Roma