Le esibizioni ‘muscolari’ delle due superpotenze non possono non creare sgomento. Non solo per il rischio concreto di un conflitto, che mi impongo di considerare remoto viste le imprevedibili conseguenze che avrebbe, quanto per la dimostrazione che i decenni trascorsi dalla fine della seconda guerra mondiale non hanno portato a una evoluzione del pensiero politico, che è rimasto a livello primordiale: quello della violenza.
Le speranze di una pace stabile, che avevano trovato prime realizzazioni nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, nel rilancio delle Nazioni Unite e, per noi, nella nascita della Repubblica e della sua Costituzione, si sono progressivamente affievolite e la guerra cosiddetta ‘fredda’ è ripresa sotto la forma, non meno drammatica, dei conflitti locali.
La progressiva presa di coscienza della limitatezza delle risorse mondiali (materie prime, energia, acqua …) invece di promuovere solidarietà e dialogo ha scatenato campagne di accaparramento senza scrupoli; la cosiddetta ‘globalizzazione’ ha creato una realtà parallela, in cui la ricchezza si sta accumulando in pochissime mani e moltiplicando quasi automaticamente grazie a movimenti speculativi dalle pesantissime conseguenze sociali.
In questo quadro già di per sé drammatico la dissoluzione della Unione Sovietica, per le modalità con cui è avvenuta, ha inserito ulteriori elementi di squilibrio, che per essere gestiti avrebbero richiesto, anche da parte occidentale, saggezza e moderazione. Qualità che forse non potevano essere richieste a una alleanza difensiva, ma pur sempre militare come la NATO, nata nel pieno della guerra fredda
Purtroppo anche le classi dirigenti dei paesi ex-socialisti hanno mostrato tutti i loro limiti, concretizzati in molti casi dalla rinascita di movimenti neo-nazisti, da nazionalismi esasperati fino al razzismo e dalla frettolosa ricerca della copertura delle armi occidentali, offrendo in cambio l’apertura dei propri mercati. Fenomeno che non stupisce sia apparso ostile dalla Russia, a sua volta in preda a un neo-capitalismo predatorio e governata da gruppi dirigenti criminali, spesso direttamente coinvolti in discutibili vicende internazionali.
In questa partita l’Europa, nata proprio come area di pace fra Paesi che si sono combattuti per secoli, non può continuare a svolgere, con scarso o nullo potere decisionale, solo il ruolo di terreno di gioco sul quale si affrontano due leader che cercano di recuperare credibilità (Biden) o di far dimenticare la natura dittatoriale del suo potere (Putin).
Per l’Italia è arrivato il momento di chiedersi se organizzazioni come la NATO siano ancora attuali e necessarie e di recuperare piuttosto l’obiettivo del disarmo globale, della pace e dell’uguaglianza, rilanciando il ruolo dell’ONU e magari sostenendo il progetto di Costituzione della Terra cui stanno lavorando da tempo Luigi Ferrajoli, Raniero La Valle e altri costituzionalisti.
La guerra, retaggio della barbarie, non deve più essere nemmeno una ipotesi nelle relazioni fra i popoli, che ne sono sempre le vittime