LA MEMORIA

di Francesco Baicchi - 22/02/2022
I giovani che scendono in piazza, pretendendo dai politici la coerenza e il rispetto della nostra Costituzione (“l’Italia ripudia la guerra…” ricordate?), rifiutano il confronto ‘muscolare’ e politiche di riarmo i cui costi dovrebbero essere invece destinati a migliorare la qualità della loro vita

In questi giorni di follia, in cui sull’Europa tornano a soffiare i venti della guerra, troppi sembrano aver perso la memoria.

Per primi i governanti dei Paesi che al termine della seconda guerra mondiale sottoscrissero statuti e documenti impegnandosi a far sì che la violenza non fosse più lo strumento con cui si affrontavano i problemi internazionali: per prima la Carta delle Nazioni unite del 1945, che inizia con: “Noi, popoli delle Nazioni Unite, decisi a salvare le future generazioni dal flagello della guerra, che per due volte nel corso di questa generazione ha portato indicibili afflizioni all'umanità ….”. Chiediamo loro perché da allora la guerra ha continuato a esserci, anche se a livello regionale.

Ma hanno poca memoria anche quelli che, per garantire mercati alle multinazionali, hanno voluto aprire l’Unione Europea e la NATO a paesi ex-socialisti, che non garantivano (e spesso non garantiscono ancora) quel livello di diritti civili e di democrazia che avrebbero dovuto essere la condizione irrinunciabile per accedere a un’area che, dopo secoli di conflitti, garantiva pace e progresso. Non potevano ignorare le conseguenze di azioni che sarebbero stateoria interpretate come una minaccia da parte della stessa opinione pubblica di quanto rimaneva dell’impero sovietico.

Così il fuoco dei nazionalismi non poteva non riprendere vigore e restituire alle frontiere l’importanza che proprio gli europei stanno cercando di cancellare.

C’è infine una ulteriore categoria, certo di minima importanza, di smemorati: sono quelli che oggi sostengono la politica del ‘colpo su colpo’, del dispiegamento contro la Russia di armi NATO che potrebbero distruggere il pianeta, e che irridono alle manifestazioni di quelli che chiamano, in senso dispregiativo, genericamente ‘pacifisti’, dimenticando spesso che proprio alla loro militanza sotto bandiere con falce e martello devono la loro carriera e il loro benessere economico. Oggi scoprono quello che gli altri sapevano da tempo: che dove il comunismo è stato proclamato (magari solo per propaganda) si è trasformato in dittatura e la sua caduta ha aperto le porte alla rinascita di movimenti neo-nazisti, che Putin è un autocrate probabilmente responsabile di omicidi e condanne politiche, con aspirazioni imperialistiche, vicino a esponenti della mafia internazionale.

Ma i giovani che scendono in piazza, pretendendo dai politici la coerenza e il rispetto della nostra Costituzione (“l’Italia ripudia la guerra…” ricordate?), rifiutano il confronto ‘muscolare’ e politiche di riarmo i cui costi dovrebbero essere invece destinati a migliorare la qualità della loro vita; hanno capito che l’unico modo di vincere la guerra è rifiutarsi di combatterla, che le risorse del pianeta sono troppo poche per essere sprecate e saranno sufficienti solo se le gestiremo in modo equo e solidale, sottraendole alla gestione di centri di potere che sfuggono al controllo dei popoli e concentrano in poche mani le decisioni che condizionano la vita di tutti noi.

Questo articolo parla di:

archiviato sotto: ,