Il 17 ottobre è la Giornata mondiale per l'eliminazione delle povertà. Sono passati 31 anni dalla dichiarazione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che l’ha istituita. Da allora purtroppo pochissimi sono stati i passi avanti. Mai come oggi la nostra umanità vive una situazione difficilissima. Come ha dichiarato il segretario generale delle NU, Guterres: “il mondo sta regredendo”.
L’impatto del COVID-19, l’inadeguatezza della risposta politica, l’assenza di politiche sociali ed economiche adatte alle necessità di un nuovo welfare e di un nuovo modello di sviluppo e la guerra in Ucraina hanno peggiorato la condizione materiale della maggioranza degli abitanti del pianeta e gettato decine di milioni di persone in povertà. Le disuguaglianze aumentano, così come le ingiustizie sociali e ambientali.
Per questi motivi le NU rilanciano proprio in questa data la necessità e l’urgenza di investimenti in soluzioni incentrate sulle persone, dalla salute al lavoro dignitoso, dall’uguaglianza di genere alla previdenza sociale, fino alla riforma dei sistemi alimentari e educativi.
Proposte che nel nostro Paese martoriato da 13 anni di aumento delle disuguaglianze e delle povertà non trovano riscontro né attenzione da parte del Governo Meloni. Anzi, le ultime misure legate alla Legge di Bilancio, prevedono ulteriori tagli ai diritti sociali e agli investimenti necessari per garantire un’offerta di servizi sociali di qualità, il diritto all’abitare e un reddito dignitoso.
Eppure, i dati Istat, Censis, Eurostat, Svimez e di tanti altri istituti di ricerca, denunciano un peggioramento senza precedenti nelle serie storiche. Sono 6 milioni le persone in povertà assoluta, di cui più di 2 milioni di minori; la precarietà lavorativa colpisce 7 lavoratori su 10, mentre 4 milioni sono quelli che pur lavorando rimangono poveri, e la maggior parte sono donne e giovani; centinaia di migliaia sono gli sfratti per morosità incolpevole, aumentati del 218% rispetto al 2021; sono 4 milioni le persone che non si possono curare, mentre 7 milioni devono decidere se indebitarsi per farlo; la dispersione scolastica colpisce un giovane su cinque, con punte al Sud di uno su tre; l’analfabetismo di ritorno è al 33%, mentre crescono welfare sostitutivo mafioso e reati spia ovunque nel Paese.
La nostra Costituzione a partire dall’art.3 impone al Governo di dare priorità alla garanzia dei diritti sociali, a partire dal diritto al lavoro, alla salute, all’istruzione, fondamentali per consentire la partecipazione dei cittadini e delle cittadine alla vita della Repubblica. Da anni, invece, l’obbligo previsto dalla Carta non è una priorità per chi governa il nostro Paese. E oggi il Governo Meloni continua tristemente questa tradizione, riuscendo persino a fare peggio dei suoi predecessori. Non ci si stupisca quindi se la metà della popolazione non si reca più alle urne e l’80% di questi sono proprio i più colpiti dalla crisi.
Il Governo Meloni nonostante i dati della povertà, le richieste delle NU e l’obbligo previsto dalla nostra Costituzione, ha scelto di continuare la guerra ai poveri e ai ceti medi, preferendo garantire gli interessi particolari delle élite economiche e finanziarie del Paese. In spregio della dignità di milioni di persone ha cancellato il reddito di cittadinanza; azzerato il bonus casa e qualsiasi forma di sostegno alle famiglie in difficoltà; impedito l’istituzione del salario minimo legale; cancellato progetti del PNRR utili al contrasto alle mafie ed all’utilizzo sociale dei beni confiscati. Un Governo preoccupato di essere forte con i deboli e debole con i forti.
Per eradicare povertà e disuguaglianze basterebbe applicare la Costituzione e garantire i pilastri sociali europei, alla base della nostra idea di civiltà fondata sull’intangibilità della dignità umana. Ecco perché più di 700 realtà sociali del Paese, continuano a battersi per le proposte contenute nell’Agenda Sociale: reddito minimo garantito, diritto all’abitare, salario minimo legale, servizi sociali di qualità, lavoro giusto e dignitoso, diritto all’accoglienza, lotta alle mafie, no all’autonomia differenziata, utilizzo del PNRR per equità sociale e riconversione ecologica delle attività produttive attraverso coprogrammazione e coprogettazione con i lavoratori e le comunità territoriali.
Questo è l’unico programma politico in grado di sconfiggere le disuguaglianze, salvaguardando la democrazia e la pace.