Il Male Assoluto che ci riguarda da vicino

di Matteo Nucci - ilmanifesto.it - 02/08/2025
Quel che vediamo a Gaza ci tortura. Ci ripetiamo che ogni nostro lamento è incongruo e tuttavia soffriamo e veniamo assaliti da una frustrazione senza limiti

Che cos’è il Male Assoluto? Ne parliamo spesso, in questi tempi, mentre lo vediamo realizzato quotidianamente da quasi due anni, come mai avremmo creduto possibile, se non altro nella nostra prospettiva di occidentali cresciuti con il mantra del «mai più».

Lo evochiamo spesso, sì, eppure non sapremmo definirlo. Come se la sua intrinseca assolutezza lo rendesse estraneo a qualsiasi possibilità definitoria. Del resto, accade qualcosa di apparentemente contraddittorio: questo Male con la M maiuscola ci sembra aumentare senza tregua, come se crescesse giorno dopo giorno fino a toccare sempre nuove vette che neppure ci parevano immaginabili. Un aspetto incompatibile con la sua assolutezza.

Da un punto di vista teorico, infatti, ciò che è assoluto non può aumentare, non può mutare o crescere. È assoluto, punto. Non relativo. Il Male Assoluto, dunque, è tutt’altro rispetto al male relativo, ovvero il male che si produce in relazione a qualcosa, per via di cause che non lo giustificano ma lo spiegano, tanto da manifestarsi in modi che ci sembrano in qualche modo misurabili. C’è male e male, insomma, quando il male è relativo. Ma quando il Male è Assoluto, non ci sono misure che tengano. Eppure non c’è niente da fare. Questo Male Assoluto a cui assistiamo ci sembra diventare sempre più immenso e insostenibile. Come se si stesse allargando sopra di noi una nuvola nera, una cappa plumbea che ci imprigiona e rende la nostra vita da ora in avanti diversa, a tratti ridicola e impossibile.

Quel che vediamo ci tortura. Ci ripetiamo che ogni nostro lamento è incongruo, e tuttavia soffriamo, e poiché questo Male Assoluto diventa sempre più devastante, veniamo assaliti da una frustrazione senza limiti.

Il bambino che su una terrazza bombardata chiede aiuto mentre la sorella è letteralmente in pezzi a pochi metri da lui (i soldati nella casa abbandonata saltano sui lettini e ridono e guidano tricicli e impiccano bambole). Il vecchio che attende alla fila inumana sotto il caldo e crolla senza dire una parola e muore (le parole sprezzanti di chi offre cibo e pallottole). Il giornalista ucciso nella sua abitazione – uno degli oltre duecentotrenta – (il commento ufficiale delle forze armate che si congratulano per averlo eliminato assieme alla moglie e ai suoi figli). Il medico che ha rifiutato di lasciare i propri pazienti fino alla fine e per questo è stato arrestato, messo in isolamento, torturato (e da duecento giorni non se ne sa nulla, ma lo si è visto in manette e ha perso oltre quaranta chili). I paramedici giustiziati (le parole che hanno negato, ammesso, minimizzato). Un mondo raso al suolo (le parole che definiscono il futuro campo di concentramento «città umanitaria»). L’attivista ucciso dal colono e registrato in video (il colono rilasciato, i parenti dell’attivista arrestati e il suo funerale interrotto dalle grida dei soldati). Fino alla più incredibile delle pretese: negare il mare, negare il bagno al mare a chi non ha nulla, a chi è schiacciato dal caldo assassino, assalito da infezioni, lordura, fame, ma niente mare, pena la morte (il ministro israeliano Amichai Eliyahu: «È necessario trovare qualcosa di più doloroso della morte per i civili di Gaza. Ucciderli non basta»).ì

Ecco l’atroce senso del Male Assoluto. La parola che lo giustifica, la parola che lo minimizza, lo irride, lo rende norma dell’aberrante inumanità. Una parola che diventa sempre più sconvolgente per chi le parole le cerca invano. È la parola il cuore del Male Assoluto. Perché è la parola, il logos, a distinguere l’essere umano fra gli animali (certo nessun altro animale sterminerebbe i propri cuccioli e salterebbe sulle loro cucce irridendo le vittime, insoddisfatto di ucciderne soltanto trenta al giorno da 660 giorni, avido di trovare qualcosa di peggio).

E tuttavia è sempre la parola che può rendere l’essere umano divino. Perché la parola che manca a dire gli abissi del Male è anche la parola che però disperatamente tenta, la parola di chi grida, di chi si ribella, di tutti quelli che ogni giorno scrivono, parlano, chiedono, invocano. Perché non possiamo essere responsabili di questo orrore. Non possiamo. È la parola di tutti noi occidentali indignati, frustrati e non ascoltati da democrazie svuotate, incapaci di dar voce a un grido che è maggioritario ovunque. E allora infine è davvero chiaro cosa sia il Male Assoluto e perché ci appaia ogni giorno più grande.

È il Male che oggi abita il delirio distruttivo di Israele, sì. Ma è soprattutto il Male che tutti i nostri pavidi governanti hanno consentito con il loro silenzio, dando il via libera a un senso di impunità assassino. È il male del silenzio in cui continuano a voltarsi dall’altra parte tutti quelli che non si alzano, non si disperano, non gridano. E qui, in questo silenzio vigliacco in cui la parola umana e divina si spegne, la storia diventa altro ancora. Perché questa infatti è semmai soltanto la famosa «banalità del Male».