“Nessuno di noi psicologi ha saltato la fila”, ribadisce David Lazzari, presidente del consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi. “Nessuno psicologo si è imbucato per farsi vaccinare. Forse è il caso che il governo informi se stesso”.
Il riferimento è al presidente del Consiglio Mario Draghi che nella sua conferenza stampa di giovedì scorso ha parlato di giovani psicologi che si sarebbero fatti vaccinare scavalcando le persone anziane?
Sì. Ma nessuno di noi ha chiesto di avere privilegi o corsie preferenziali. È stato il governo a decidere le priorità vaccinali. Molti mesi fa, ha deciso che fossero vaccinati gli operatori sanitari, prima i più esposti e poi via via tutti gli altri, compresi noi psicologi. Poi il 1° aprile è stato proprio il governo Draghi a rendere, per decreto, il vaccino ai sanitari – tutti, compresi gli psicologi – non più un’opzione, ma addirittura un obbligo, esteso a tutti gli iscritti ai diversi Ordini sanitari. Le priorità le ha dunque dettate tutte il governo, noi non abbiamo chiesto alcun privilegio.
Quell’esempio in conferenza stampa è stato un errore del presidente Draghi?
Io stimo Draghi, sono convinto che sia un ottimo tecnico, ma questa volta è stato evidentemente mal consigliato con un esempio inappropriato. Ricordiamo che la vaccinazione ai sanitari, dunque anche agli psicologi, è realizzata non per proteggere i sanitari, ma gli utenti, le persone, bambini e adulti, da loro seguiti. E non ci sono solo gli psicologi del Servizio sanitario nazionale, ma anche migliaia di psicologhe e psicologi che lavorano nella scuola per sostenere il disagio determinato da un anno di scuole chiuse; migliaia di psicologhe e psicologi che lavorano con soggetti fragili, bambini diversamente abili, con problemi di sviluppo e con le loro famiglie; migliaia di psicologhe e psicologi che lavorano con gli anziani, nelle Rsa, con i malati oncologici, con persone che soffrono di patologie croniche, nel fine vita. Sono decine di migliaia di professionisti della salute psicologica che, vaccinati, proteggono non se stessi ma i bambini, i giovani, le donne, gli uomini, gli anziani che stanno aiutando e che non sono vaccinati o non possono esserlo.
In questa situazione, vi sentite considerati sanitari di serie B?
Io spero proprio che nel 2021 sia considerato inaccettabile valutare l’assistenza psicologica una cura minore, secondaria, quasi un capriccio. Tanto più in un momento come quello che stiamo vivendo, in cui, dopo un anno di circolazione del coronavirus, la pandemia si è trasformata in una psico-pandemia. Alla quale non è stata data finora alcuna risposta pubblica nel sistema sanitario, tranne un po’ di psicologhe e psicologi inseriti nelle scuole. Dovremmo cogliere invece l’occasione del superamento della pandemia per affermare un uso sociale della psicologia, non solo privato o di ultimo appello, nei casi più gravi: per promuovere le risorse delle persone e il capitale umano, con il contributo dello psicologo in tutti i servizi di welfare.