«Da lunedì cambia aria». È un Matteo Salvini no limits, in serata a Ravenna alla chiusura della campagna elettorale del centrodestra. Non si tiene. Straparla. Sente la vittoria già in tasca. «Dedico questa piazza a Mario Cattaneo che stasera è orgogliosamente a casa con i suoi figli e i suoi nipotini perché la difesa è sempre legittima», dice, tirando l’applauso all’oste di Casaletto assolto a Lodi dall’accusa di eccesso colposo di legittima difesa.
SCENE DA STADIO nel capoluogo romagnolo. In realtà la giornata dell’ex ministro non era stata tutta così gloriosa. In mattinata a Bologna, mentre attraversa i banchi del mercato in piazza VIII agosto, la piazza stipata di 30mila sardine domenica scorsa, accanto ai fan e ai selfie e ai «Matteo, Matteo» arrivano anche i fischi. Sonori. E i «fascista», «vattene da Bologna», «torna nelle fogne», «viene qui a suonare si campanelli e a spaventare la gente».
L’INVITO AL LINCIAGGIO via citofono, contro un presunto spacciatore del quartiere Pilastro, ormai diventato un video virale, ha scatenato gli avversari e ammutolito gli alleati, i famosi campioni di garantismo che in parlamento impartiscono severe lezioni contro la maggioranza. L’episodio grida talmente vendetta che persino Giorgia Meloni arriva a un passo dalla dissociazione: «La citofonata è una provocazione, ma c’è rischio di emulazioni». Ma il dubbio le dura un nanosecondo, a Ravenna si ravvede di corsa: «Se ci votate lunedì citofoneremo a Conte, gli chiederemo di fare gli scatoloni».
QUELLA DEL CITOFONO è «una scena immonda», dice da Reggio Calabria Nicola Zingaretti. Il segretario Pd è andato a mettere la faccia sulla generosa corsa in salita di Pippo Callipo. «La destra cavalca l’odio e la paura, ma non risolve i problemi», «Se apriamo la stagione delle domande, chiediamo che fine hanno fatto i 49 milioni. Nessun calabrese ha un mutuo di 80 anni come ha avuto Salvini, che è un privilegiato della casta». Stefano Bonaccini, da Marzabotto, nel bolognese, cerca ancora una volta di ragionare. Salvini «delle promesse fatte in campagna elettorale, non ne ha garantita una quando è stato al governo», «Aveva promesso caserme dei carabinieri e forze dell’ordine in rinforzo, ma da ministro non ha aiutato tanto».
NEL POMERIGGIO AL PILASTRO in qualche centinaio si ritrovano davanti alla biblioteca. Parlano le persone del quartiere. Parla anche Yassine, il giovane 17enne accusato da Salvini di spacciare in diretta tv e social: «Fino a qualche giorno fa la gente mi conosceva come Iaia la ‘cartola’», slang bolognese, significa ’fico’, « adesso la gente mi vede come Iaia lo spacciatore. È stata veramente una botta dura». Al fianco ha la sua avvocata Cathy La Torre, attivista dei diritti. C’è anche il sindaco Merola, che attacca Salvini, l’ex presidente Vasco Errani, Elly Schlein, la candidata della lista «Coraggiosa», i dem Caliandro e De Maria.
MA A RAVENNA LE OBIEZIONI degli avversari ormai non arrivano più, l’eccitazione di una vittoria possibile, data già per certa, prende la mano a tutti. Nella piazza suona «Notti magiche», l’inno dei mondiali 1990 di Gianna Nannini. Salvini è il mattatore, incontenibile, strilla, «il centrodestra ci mette la faccia. Lucia», nel senso di Borgonzoni, sulla carta la titolare i della corsa per espugnare la regione, «ce la farà. Stiamo già ragionando sulla squadra». Silvio Berlusconi prova a rimediare alla performance “elegante” del giorno prima sulla candidata calabrese Jole Santelli («La conosco da 26 anni e non me l’ha mai data») e recita da femminista: «Oggi c’è solo in Umbria, con la vittoria qui e in Calabria, le donne alla guida delle regioni saranno tre».
A DUE PASSI DA QUI, a piazza Kennedy, si sono date appuntamento le sardine. Continuano fino alla fine la loro tattica di marcatura a uomo. Arrivano in 4mila. Ci sono anche i seniores, i «sardoni». Alcuni alzano al cielo Se questo è un uomo di Primo Levi, Elogio della mitezza di Norberto Bobbio e la Costituzione. «L’Emilia non è una regione da liberare, questo è un insulto», dice Giulia Polti. Sul palco campeggia lo striscione: «Faremo rinascere l’Italia».
NARRAZIONE LEGHISTA, contronarrazione democratica. Ciascuno cerca di mobilitare i suoi. In meno di cento metri, due Italie a confronto. Quella che osanna la giustizia fai da te, quella dell’antipopulismo e della solidarietà. Alla fine del comizio delle destre un ’banco’ di sardine riesce ad arrivare sotto il palco e cantare «Bella ciao».
OGGI PERÒ LE SARDINE NON si faranno il bagno al Papeete. La questura ha detto no. «Non siamo autorizzati a fare il bagno davanti al Papeete perché rientra nei termini di un comizio di propaganda elettorale diretta o indiretta», spiega su facebook il portavoce Mattia Santori: «Dopo che ci è stata tolta la piazza di Bibbiano, perché non eravamo considerati un partito, oggi scopriamo che invece non è così: ogni tanto siamo considerati un partito. Non cambia nulla ma ci dispiace. Il pranzo resta confermato».