Il congresso del PD mi fa venire in mente le parole di una amara e desolata canzone di Luigi Tenco: “Un giorno dopo l’altro la vita se ne va e la speranza ormai è un’abitudine… e intorno gli occhi cercano quell’avvenire che avevano sognato, ma i sogni sono ancora sogni e l’avvenire ormai quasi passato…” Solo Enrico Letta, il cavaliere inesistente, può dire una frase come “sono sempre più innamorato del PD”. Si contenta di poco: se fossi sua moglie ne sarei sconsolata…
E come non bastasse una congiuntura di forte crisi siamo anche a un passo dalle elezioni regionali in Lombardia e in Lazio: altro nodo doloroso e pericoloso. Siamo in caduta libera, in verità, e senza alcun paracadute. Ma andiamo con ordine.
Le primarie del PD sono un classico “ cappottamento in parcheggio”, come si dice quando si parla di cose incredibili fatte da sconsiderati. Mi riferisco al fatto che certamente sarebbe stato meglio prima discutere dei temi importanti e urgenti: lavoro, giovani, fonti energetiche, economia green, difesa del territorio, scuola e cultura, etc., pittosto che votare per un candidato alla segreteria del partito, sulla base della simpatia, o peggio ancora dei poteri delle correnti? Evidentemente non imparano mai e non hanno nessuna intenzione di cambiare: le correnti personali sono più forti del bene collettivo. Come sempre. Sfogliavo proprio ieri una serie di articoli sulle elezioni del 2013, quando Sky/Tg 24 organizzò un confronto fra i tre candidati alla segreteria PD di allora: Pippo Civati, Matteo Renzi e Gianni Cuperlo. Il vincitore morale fu Civati, a detta di tutti, ma oggi Civati dov’è? Dopo le dimissioni dal PD e vari percorsi fra Leu e Possibile, si occupa di editoria. Perché per vincere nel PD bisogna avere pelo sullo stomaco e poteri, forti e non, alle spalle. Non esistono outsiders e tanto meno underdogs secondo la definizione che la Meloni ha dato di sé, volendosi come sempre molto bene. Sorprese di questo genere la casta del PD non le permette: e morso dopo morso come vermi in una mela si sono mangiati tutto, lasciando solo la buccia, ma ormai si vede il danno anche all’esterno. E chi potevano candidare alla presidenza di questo partito, se non le varie facce di una sola realtà, che non è più nemmeno lontanamente di sinistra? Vediamoli più da vicino questi candidati.
Stefano Bonaccini, classe 1967, è Presidente della Regione Emilia-Romagna, ed è esponente dell’area cosiddetta riformista del PD. Modenese, figlio di un camionista e di una operaia iscritti entrambi al PCI, ha una impeccabile carriera politica: prima nel PCI, poi nel PDS, in seguito nei DS e infine nel PD. Era un uomo di Bersani, ma poi scivolò sulla buccia di banana di Renzi, per riprendersi poi. E’ al secondo mandato come governatore della regione Emilia-Romagna e ha fatto buone cose, “cose di sinistra”: dal 2014, il suo governo regionale ha tagliato le liste di attesa per i pazienti e gli esami in sanità e ha aperto molte "Case della salute" per la medicina di prossimità. Inoltre l'Emilia-Romagna è stata la prima regione in Italia ad abolire il cosiddetto superticket e ha avviato una drastica riduzione delle tariffe per i nidi. Nel 2015 ha firmato il cosiddetto "Patto per il lavoro", un accordo tra governo regionale, sindacati e imprenditori, per rilanciare l'occupazione nella regione. Il Patto ha stanziato, in quasi cinque anni, più di 22 miliardi di euro. Nel 2017 diventa il primo esponente politico italiano ad essere nominato presidente del CEMR, il Consiglio delle città e delle regioni d’Europa, organismo che rappresenta oltre centomila autorità locali e regionali europee.
Nella corsa alla presidenza del PD si è scagliato contro le correnti interne al PD. Nonostante questo ha accolto i primi endorsement dai dirigenti della corrente "Base riformista" come Andrea Marcucci e Alessia Morani. Aggiungo un bonus: deve avere un consulente di immagine che è un drago nel suo mestiere. Guardate le foto “prima e dopo” il restailing: non sembra nemmeno la stessa persona!!
Elly Schlein, nata a Lugano con triplice cittadinanza: italiana, svizzera e statunitense, è certamente la candidata più giovane: è nata infatti nel 1985. La Schlein è come dire, l’altra faccia della sinistra, quella colta, un po’ cinica e disincantata, ma – come si diceva ai miei tempi – molto engagée. La sua famiglia, di origini ebraiche, ha radici nell’alta borghesia: suo padre, Melvin Schlein, è un politologo e accademico statunitense ed è stato professore emerito di scienza della politica e storia presso la Franklin University di Lugano, mentre sua madre è l'italiana Maria Paola Viviani, professoressa ordinaria di diritto pubblico comparato presso la facoltà di giurisprudenza dell'Università degli Studi dell'Insubria. Suo fratello Benjamin è un matematico e sua sorella Susanna è Primo Consigliere diplomatico all'ambasciata italiana ad Atene ed ex-capo della Cancelleria consolare dell'ambasciata italiana a Tirana. E non andiamo a cercare il nonno materno, l’avvocato antifascista Agostino Viviani, che fu senatore del Partito Socialista Italiano e presidente della Commissione Giustizia del Senato e, dal 1994 al 1998, membro laico del Consiglio Superiore della Magistratura in quota Forza Italia, ma queste coordinate ci aiutano a capire chi sia Elly Schlein, così brava a scuola e all’Università, così sempre vincente in tutte le cose che intraprende. Giovane com’è, ha già al suo attivo il ruolo di parlamentare europea e, con la sua cittadinanza statunitense, ha partecipato alle campagne elettorali di Obama sia per la elezione che per la rielezione alla Casa Bianca. Il suo rapporto col PD è stato ondivago: era nella corrente di Pippo Civati e si dimise nel 2016 contro la linea politica della presidenza Renzi, considerata da lei “di centro-destra” (come darle torto?) e in polemica con l’approvazione del Jobs Act voluto dallo stesso Renzi. Nel 2020 partecipa alle elezioni regionali dell’Emilia e Romagna con una lista locale di sinistra e viene eletta. Bonaccini ne fa il suo braccio destro e la nomina vice presidente. Dopo le dimissioni di Letta si riscrive al PD e si candida alla Presidenza del partito. Contro Bonaccini. Ci vuole un po’ di cinismo e di opportunismo per farlo, o forse qualcuno direbbe: di schietto realismo. Della serie “niente di personale, sono affari”, molto americano. E’ la faccia della sinistra giovane attuale, ecologista, concreta, realista, senza trasporti ideologici. La Schlein è bisessuale dichiarata. Qualcuno l’ha paragonata alla deputata democratica americana Alexandra Ocasio Cortez, ma a mio giudizio senza alcun motivo.
E qui comincia un piccolo mistero: fino a qualche settimana fra i candidati alla presidenza del PD c’erano anche due sindaci: Antonio Decaro, sindaco di Bari e Matteo Ricci, sindaco di Pesaro. Sarebbe stata davvero interessante questa sfida e dava l’idea di novità, di aria fresca nel partito, di quella che si chiama “sinistra di prossimità”, che appunto sostiene che si debba proprio ripartire dai sindaci, perché in quelle elezioni i cittadini hanno la possibilità di scegliere direttamente i propri rappresentanti e di chiedere loro conto, quotidianamente, di quello che promettono in campagna elettorale e di come lo realizzano una volta diventati amministratori. Un “meccanismo virtuoso di fiducia e controllo” dice Ricci che “salta completamente” quando si è chiamati a scegliere deputati e senatori. Il Partito Democratico, del resto, ricorda Decaro, “perde tutte le elezioni politiche nazionali dal 2008, cioè da sempre, mentre “nelle elezioni locali, non solo riesce a vincere, ma, soprattutto, riesce a tessere una relazione solida, coerente e responsabile con i cittadini”. Gli uomini dem – che governano il 70% dei Comuni italiani – “si dimostrano capaci di amministrare e di proporre un’ idea politica seria” e “le vittorie elettorali ne sono la conseguenza”.
E dunque come mai oggi i due sindaci sono spariti e ci troviamo fra i candidati Paola De Micheli e Gianni Cuperlo? Perché la casta del partito non sopportava che ci fossero dei candidati nuovi, non controllabili e di “sinistra”?
Chi sono questi nuovi candidati? Paola De Micheli, classe 1973, ha una lunga storia nelle istituzioni e nel PD, è donna d’apparato così come è uomo d’apparato Gianni Cuperlo, classe 1961, dalemiano doc. Entrambi sono la faccia del PD che ben conosciamo: personaggi cresciuti nel partito, ricoprendo tutte le tappe del cursus honorum negli apparati potenti, candidati in collegi sicuri, senza troppi legami con gli elettori e chiusi nella torre eburnea della casta, impegnata solo in giochi di potere. Non ci interessa dire di più, perché se fossero loro due a venir designati, tanto varrebbe che il PD scomparisse come ha fatto Forza Italia. Al momento, dal 3 febbraio scorso, sono in corso le votazioni per la designazione dei 2 candidati che andranno alle elezioni del 26 febbraio.
Modalità di votazione
Forse conviene dare qualche indicazione sulle primarie: da venerdì 3 a domenica 12 febbraio, infatti, gli iscritti al Partito democratico si riuniranno nei circoli locali per discutere le candidature e i programmi e infine per votare i due candidati che si giocheranno la segreteria il prossimo 26 febbraio, quando avranno luogo le votazioni ufficiali. Le uniche eccezioni in tal senso sono rappresentate dalla Lombardia e dal Lazio nei cui circoli si potrà votare fino al 19 febbraio, dato che il 12 e 13 di febbraio si voterà per le regionali.
Una volta completate le votazioni nelle sedi locali del partito, emergeranno i nomi dei due candidati finali. Questi ultimi saranno chiamati a comporre le proprie liste in ciascuna Regione, con data ultima il 22 febbraio.
Domenica 26 febbraio dalle 8 alle 20, invece, il voto sarà aperto anche ai non iscritti al Pd, a patto che dichiarino di "riconoscersi nella proposta del Partito, di sostenerlo alle elezioni" e accettino di essere registrati nell'"nell'albo pubblico degli elettrici e degli elettori", come da regolamento per le Primarie. I non iscritti dovranno anche pagare due euro per esprimere il proprio voto.
Esiti parziali delle primarie nel PD
E abbiamo già i primi esiti delle votazioni nei circoli: da subito si è delineato un testa a testa fra Bonaccini e la Schlein. Almeno, è questo l'esito parziale relativo alle consultazioni di una quarantina di circoli tra Emilia Romagna, Veneto, Piemonte, Toscana, Friuli Venezia Giulia e Liguria riportato da una rilevazione di Bidimedia. Secondo i primi dati, Schlein si attesterebbe al 45,3% delle preferenze, con Bonaccini incollato al 44,1. Seguono Gianni Cuperlo, ex presidente del Pd (al suo secondo tentativo alle primarie), che incassa finora l'8,5% delle preferenze, e Paola De Micheli, al 2,1.
Diversi però sono i numeri forniti dal comitato Bonaccini: «Per evitare diffusione di dati parziali e fuorvianti e soprattutto per rispetto degli iscritti al Partito democratico che non si meritano tristi strumentalizzazioni - recita una nota diffusa dallo staff del governatore - rendiamo noto che al momento ci risultano si siano espressi 2.801 iscritti dei quali risultano validi 2.787 voti, distribuiti in questo modo: Per Stefano Bonaccini 1.493 voti (pari al 53,57 %); per Elly Schlein 1.014 (36,38%;) per Gianni Cuperlo 191 (6,85%) e per Paola De Micheli 89 (3,19%). Entro un paio d'ore saremo in grado di fornire anche i dati disaggregati regione per regione».
Dal comitato Schlein, infine, fanno sapere che la deputata è in «netto vantaggio» a Genova: «Ad ora la percentuale raggiunta dalla candidata è del 56% con 236 voti a fronte del 37,6% di Bonaccini con 151 voti. In Toscana, invece, in vantaggio sarebbe Bonaccini: nella regione tradizionalmente "rossa", si sono registrati complessivamente 684 voti validi: Bonaccini in testa con 344 sì (50,29%), Schlein 292 (42,69%), Cuperlo 41 (5,99%) e De Micheli 7 (1,02%).
In ogni caso, come si può ben capire, si tratta di dati ancora molto parziali, visto che mancano ancora molti giorni, ma una tendenza già si intravede. Ed è quella di un voto polarizzato attorno ai due candidati di punta, che con ogni probabilità finiranno alle primarie: il voto nei circoli serve proprio a individuare chi si sfiderà ai gazebo (aperti a tutti, come dicevamo e non soltanto agli iscritti dem) il 26 febbraio.
Fra Bonaccini e la Schlein chi sarà eletto, alla fine? E chi dei due farà la differenza? Quello che ha dimostrato di fare. o quella che è capace di parlare? Questo è il punto focale, il momento dirimente.
Non sono iscritta al PD e non ho mai partecipato a nessuna votazione ai gazebo, mi sono limitata a votare il partito nei seggi istituzionali, alle elezioni politiche e con un certo fastidio, sentendomi ricattata: “…se no vince la destra…” e che comunque ha vinto lo stesso, perché lo snaturarsi di questo partito, che doveva rappresentare il popolo del Centro sinistra, ha prodotto un distacco quasi definitivo del suo elettorato: troppi errori e troppo grossi, troppo spazio a personaggi autoreferenziali, marci di narcisismo delirante. Troppo egoismo, troppo politicantismo, per dirla alla Gobetti, e poca politica vera. Troppe correnti, troppi gruppetti di potere tesi a gambizzarsi a vicenda pur di piantare la propria bandierina su qualche ambita poltrona. Nessun rispetto per le aspettative degli elettori, per i loro bisogni, per i loro problemi, per i loro sogni… alla fine il ricatto “se non mi voti vincono gli altri” ha perso ogni mordente e gli elettori si sono chiesti: ma per quale caspita di motivo dovrei votarti e prolungare la tua permanenza in Parlamento? Cosa hai fatto per noi per meritartelo? E non è più andata a votare. E quella casta di cialtroni si è pure meravigliata, sono così ignoranti che non conoscono nemmeno la storia del pastorello che gridava “al lupo, al lupo!”. Ce l’hanno messa davvero tutta e ce ne è voluto per disamorare quegli elettori fiduciosi. Gente che faceva i banchetti per raccogliere firme sotto il sole d’estate e nella pioggia e al freddo d’inverno. Gente che prendeva un treno o una nave di notte per partecipare l’indomani a una manifestazione a Roma o a Milano, con biglietti pagati di tasca propria, rinunciando a una giornata di paga, o a un vestito nuovo, portandosi dietro un panino, con una bandiera o uno striscione fatto in casa, piegato dentro una borsa. Li ho visti, li ho conosciuti. C’ero anch’io. Ed è pensando a loro che nonostante tutto ho continuato ad andare a votare. E ora? Che faremo adesso, che succederà ancora? Che ne sarà della sinistra, del nostro sogno di una società giusta, libera e democratica, rispettosa di ogni diversità, capace di generosità e di onestà? Potremo ancora continuare a credere che riusciremo a costruirla? Io penso che non dobbiamo smettere di continuare a lottare e di pensare di poter vincere, perché solo arrendendoci al cinismo e all’indifferenza finiremo davvero per perdere tutto, noi stessi e il nostro futuro. Io spero che questa rabbia che sento dentro di me, questa capacità di soffrire e di indignarmi e questa fede nel sol dell’avvenire, mi abbandoni solo con la funzione del respiro. E così auguro a voi, cari amici e compagni.
Barbara Fois
In appendice leggetevi le mozioni dei 4 candidati e qualche approfondimento.
https://www.partitodemocratico.it/congresso2023/candidate-candidati-e-mozioni/
https://tg24.sky.it/politica/approfondimenti/primarie-pd-tappe
https://tg24.sky.it/politica/approfondimenti/primarie-pd-candidati-programmi