Nel deserto legislativo che ormai da anni caratterizza la nostra sedicente democrazia parlamentare, stretta tra l'ipertrofia dell'Esecutivo e l'afasia del Parlamento, a sua volta esautorato dai veti incrociati dei leader dei partiti, poco di lotta e molto di governo, sconcertano le decisioni prese ieri dalla Consulta riguardo l'ammissibilità dei quesiti referendari.Eh già, perché la famosa ricerca del"pelo nell'uovo" evocata dal presidente Amato (già Dottor Sottile di craxiana memoria) è stata adottata, in un esercizio didoppiopesismo mutuato dai peggiori arbitraggi calcistici, per alcuni quesiti piuttosto che per altri.
A cominciare da quelli di natura etica (eutanasia e droghe leggere) che sono stati "giustiziati" (è il caso di dire) con motivazioni speciose ed artifizi retorici che hanno trasformato il suicidio del sofferente in •omicidio del consenziente" e la possibilità di coltivare la cannabis (ferma restandone la illiceità per spaccio, trasporto ed esportazione) con uno stop alle droghe pesanti (peraltro in atto da sempre).
Siamo cresciuti con l'insegnamento e la conseguente convinzione che, sui temi di natura etica,in cui non può esserci una rispondenza di vedute tra eletto ed elettore,la parola vada data alle coscienze: sia nelle aule parlamentari sia, soprattutto, per i cittadini, nella cabina elettorale referendaria. E invece, per i due quesiti che nascevano da una consapevole coscienza popolare e da un'etica altruistica,che lascia libero chi è imprigionato dalle catene della sofferenza o chi può trarre sollievo da minime dosi di sostanze psicotrope (tra l'altro sottraendone la produzione alla criminalità organizzata), non c'è stato nulla da fare.
Più di tre milioni di firme (sommate per i due quesiti) gettate al macero, così come il rispetto e la considerazione verso il sentire morale di una comunità.Per quanto riguarda poi i referendum sulla giustizia, grida vendetta per la sua incomprensibilità il via libera al quesito che punta all'abolizione della legge Severino, quella sulla incandidabilità e la decadenza da cariche politiche o amministrative per chi ha una condanna che supera i due anni, anche per reati gravi come mafia,terrorismo e corruzione. Un presidio di civiltà che rischia di essere gettato al vento.
Secondo il magistrato Raffaele Cantone, già presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione e consulente del governo nella stesura della stessa legge, se si abolisce questa legge "potremmo trovarci di fronte a persone riconosciute colpevoli di reati di mafia che potrebbero restare tranquillamente ai loro posti nelle istituzioni".
A rimorchio di questa sconcertante ammissibilità sta anche quella sulla custodia cautelare, che limita solo al pericolo di fuga la condizione per la carcerazione preventiva dei reati fino a cinque anni: truffatori seriali, hacker e bancarottieri potranno attendere l'iter giudiziario tranquillamente a casa. l'unico quesito non ammesso (e qui tiriamo un sospiro di sollievo) è quello sulla responsabilità civile dei giudici, che avrebbe posto ciascun magistrato sotto la minaccia di denuncia da parte dell'imputato potente e danaroso. Almeno in questo,tutti i cittadini rimarranno uguali e potranno chiedere il risarcimento allo Stato,il quale, a suavolta, potrà rifarsi sul giudice.
Come si vede la Corte (anche se Amato non lo vuol sentire) ha usato due pesi e due misure. Hanno giocato, secondo noi,su queste decisioni, fattori (apparentemente) estranei come gli equilibri politici, l'influenza della Chiesa, una certa dose di revanscismo contro la magistratura. Ai cittadini informati il compito di controinformare l'opinione pubblica e di rendere espliciti, per i quesiti ammessi, i rischi insiti nel loro accoglimento. Per quelli non ammessi, di natura etica, continuare la battaglia di civiltà e sollecitare i parlamentari a riappropriarsi del loro compito-dovere, che è quello di legiferare, e di far progredire il livello civile e morale del Paese, senza deviazioni o, peggio, pericolose marce indietro.
Ai cittadini informati il compito di controinformare l'opinione pubblica e di rendere espliciti, per i quesiti referendari ammessi, i rischi insiti nel loro accoglimento